"...subito comprai due cavalli, di cui uno d'Andalusia della razza dei certosini di Xerez, stupendo animale, castagno d'oro; l'altro un hacha cordovese, più piccolo, ma eccellente, e spiritosissimo."

(Vittorio Alfieri, La Vita scritta da esso - 1790, 1803)

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Naturalmente nessuna analogia fra me e Vittorio Alfieri. Riporto le sue parole perché mi sarebbe piaciuto vivere in Andalusia quando ci venne lui.

giovedì 5 agosto 2010

COSE DI SPAGNA E D'ITALIA - Vorrei dire a Bersani...

Hai l'aria di un essere molto buono, mite e gentile, nella vita personale, e questo non è poco, oggi. Non ce la si può avere con te. Però appari perduto nella vita politica e nel tuo rapporto politico con le persone, anche con i potenziali elettori. Non parlo di alcune “battaglie” (che brutto, l'uso di questo linguaggio militare!) in parlamento, che pure a volte fai, com'è giusto e doveroso, ma del tuo modo di rapportarti al mondo. Interpreti il tuo ruolo limitandoti a osservare e a commentare ciò che capita all'avversario politico, al capo di questo vergognoso governo (lo nomino il meno possibile). Anche i tuoi commenti sono deboli e certe volte strani. Perché in quel che dici fai riferimento più a una psicologia un poco elementare che alla politica, e usi a volte metafore che non si capiscono: che significa “B. è andato oltre le colonne d'Ercole”? Io non ho capito. Quando ho letto questa tua frase, ho pensato che sarebbe stato bello che il premier e il suo governo si fossero messi in mare aperto, a navigare o nuotare nell'oceano, che tutta l'Italia si mettesse in mare aperto, che si lasciassero da parte, almeno per un po', piccole patrie, volgarità particolaristiche, radici radici radici, e tutti i localismi malati.

Siamo, io e te, più o meno della stessa generazione. Perciò so per esperienza diretta che a un certo punto può mancarti la forza vitale, come se vivessi a un livello più basso, più sprofondato nella terra. Ma si può essere ugualmente utili, quando ci si trova così, o almeno ci si può illudere di esserlo. E l'illusione è una cosa importante e serissima. Si possono fare delle cose che piacciono. Ma non si deve pretendere di guidare una forza politica che aiuti un popolo intero a guarire. Ci vuole, per far questo, una forza intellettuale e fors'anche vitale che in te non si riesce a scorgere. E, ripeto, non è un'offesa: credo che una pietas verso se stessi, la coscienza del fatto che il tempo passa, e non passa per tutti alla stessa maniera, persino la consapevolezza del limite biologico che ci governa, tutte queste sono cose che possono renderci più umani, più utili, meno respingenti.

Se oggi potessi, sceglierei Vendola come leader dell'opposizione. E ti spiego perché. So bene, come ha detto D'Alema, che non è né un ragazzo né un personaggio nuovo. So bene che è stato in quella Rifondazione guidata da Bertinotti, di cui ho molte, moltissime volte criticato le posizioni (peraltro ho conosciuto persone di Rifondazione, ma anche della sinistra “moderata”, meravigliose). Mi sembra però che oggi Vendola sia l'unico – pur se non condivido proprio tutto quel che dice – che si sforzi di rielaborare il presente, di non sottrarsi alle sfide e ai rischi di questa modernità, di non rinchiudersi in una memoria che spesso, soprattutto per i giovani, soprattutto per quelli di sinistra, sta diventando sostituzione del futuro, di mediare quel che è necessario mediare alla luce del sole. Vendola cerca, e spesso ci riesce, di essere dentro questa situazione senza affogare, modificandola, cercando strade efficaci per trasformarla. Non dimenticando certo il passato, ma non rendendo il futuro servo del passato.
Dico questo perché sa parlare bene? Anche. L'uso ricco e intenso della parola è una cosa anche politica, buona e rara, oggi, una cosa che va contro l'incultura canaglia, di cui vediamo le male azioni giorno dopo giorno. L'alternativa al discorso e alla sua antica nobiltà è la parolaccia, oltre che volgare, logorata, il gestaccio di cui si è tremendamente stanchi e pur si ride per pazzia, o l'afasia. Vendola forse sarebbe quello, tra i personaggi politici italiani, che potrebbe promuovere - almeno lo spererei - un vero ricambio generazionale nei gruppi dirigenti, perché pare averne la volontà e le capacità. E non è un rigido estremista, schematico, che interpreta il mondo in base a due o tre categorie fisse e ossessive. E ci sono sicuramente giovani di notevole cultura politica che aspettano e potrebbero aiutare l'Italia a uscire dalla fossa in cui si è cacciata. Sono giovani che vengono da esperienze di lavoro - i più vari lavori - in Europa e nel mondo, non bastano più, credo, le esperienze nelle cooperative emiliane. Non prendere quest'ultima considerazione come un'offesa: è la verità, noi della nostra generazione, ad esclusione di pochi privilegiati, o migranti poveri, restavamo per tutta la vita nel luogo in cui eravamo nati o nelle sue vicinanze, non conoscevamo il mondo e neppure le lingue. Ci facevamo un'idea di luoghi lontani, al massimo, per mezzo di qualche lettura e per schemi. Molti di noi sono cresciuti così, non c'è nulla di male ad ammetterlo. Siamo esseri finiti e non possiamo rifondarci, a una certa età. Ha anche una sua dolcezza, riconoscere questi nostri limiti invalicabili.


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