"...subito comprai due cavalli, di cui uno d'Andalusia della razza dei certosini di Xerez, stupendo animale, castagno d'oro; l'altro un hacha cordovese, più piccolo, ma eccellente, e spiritosissimo."

(Vittorio Alfieri, La Vita scritta da esso - 1790, 1803)

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Naturalmente nessuna analogia fra me e Vittorio Alfieri. Riporto le sue parole perché mi sarebbe piaciuto vivere in Andalusia quando ci venne lui.

lunedì 28 giugno 2010

domenica 27 giugno 2010

ARABISTI E ARABESCHI 11 - LA POESIA NELL'ETÀ DI MAOMETTO E DEGLI OMAYYADI 4 – Il deserto e la città e la fuga dell'adultero.


MAYSŪN BINT BAHDAL

La poetessa Maysūn Bint Bahdal, figlia dell’ importante capo di una tribù beduina, visse nel secolo VIII. Pare fosse originariamente cristiana, convertita all'Islam dopo il suo matrimonio con il califfo omayyade Mu'āwiya. Visse molti anni nel deserto, dedicandosi all'educazione di suo figlio Yazld, che sarebbe diventato califfo dopo la morte del padre. Non è questa l'unica poetessa del medioevo islamico. I suoi versi si collocano nella tradizione lirica assai ricca ed elaborata dei beduini: cantano la vita e la natura aspra, ma avvincente, del deserto. Maysūn Bint Bahdal scrisse anche poesie di amore per lo sposo.
In questo frammento, la poetessa rievoca i luoghi a lei cari e li contrappone al raffinato ambiente cittadino e di corte, in cui è costretta a vivere e che avverte come estraneo a sé, troppo artefatto e sofisticato. L’orgoglio beduino e la celebrazione del cammello come fido compagno, animale bellissimo e nobile, sono motivi ricorrenti nella poesia araba del tempo.
La contrapposizione deserto-città (con relativa corte califfale) ci fa pensare alla contrapposizione campagna-città che ha percorso la tradizione poetica latina e italiana: ricordo i grandi esempi delle Georgiche di Virgilio, e poi Orazio, e, nella letteratura italiana, Petrarca, Boccaccio (la città invasa dalla peste, la campagna luogo di salvezza), e tanti altri. Certamente il deserto non è l'ambiente bucolico che ritroviamo nel poeti che ci sono più consueti.

domenica 20 giugno 2010

ARABISTI E ARABESCHI 10 - LA POESIA NELL'ETÀ DI MAOMETTO E DEGLI OMAYYADI 3 – Giamíl e l’amore cortese nell’antica poesia araba

Nella seconda metà del VII secolo, in piena epoca islamica, GIAMÍL, poeta della tribù beduina degli Udhra, scrisse per Bathna o Buthaina versi di amore assoluto. Di lui si sa poco: è certo solo l’anno della morte, il 701. Sono interessanti, nella poesia che segue, alcuni motivi: la presenza dei “denigratori mettimale”, a cui corrisponderanno i “malparlieri” della poesia provenzale; i due amici-confidenti, che ne ricordano altri di liriche dell’età classica (mi viene in mente una disperata di Catullo che comincia proprio con i nomi dei due amici: Furio e Aurelio) e anticipano il tema dell’amicizia nei versi di poeti che ci sono familiari: naturalmente quelli che ci vengono in mente prima di tutti sono gli amici del Dolce Stil Nuovo. C’è anche il motivo della dissimulazione dell’amore per Buthaina, e del finto interesse per altre donne. Il tipo dalle mani distorte è probabilmente un custode dell’amata. I “Negri” erano considerati esseri barbari dagli arabi, che spesso li riducevano in schiavitù, come si legge anche ne Le Mille e una notte. Infine, l’oasi Wadi 1-Qura è il luogo dell’amore felice.

sabato 19 giugno 2010

ARABISTI E ARABESCHI 9 - LA POESIA NELL'ETÀ DI MAOMETTO E DEGLI OMAYYADI 2 – Un poeta che meritò il manto di Maometto e un poeta maledetto.

Come rileva Francesco Gabrieli, la poesia di quest'epoca (vedi precedente post), pur se era cambiato il contesto, evocava spesso i motivi di quella beduina, del deserto. Come forma metrica, venne riproposta spesso la tradizionale casida.



KAAB IBN ZUHAIR

Come ho accennato in uno dei miei precedenti post, Maometto non amava molto poeti e cantori, anzi aveva previsto l'inferno per alcuni di loro. Ma non fu sempre intransigente, in questa condanna.
Kaab ibn Zuhair, poeta, figlio di un poeta vissuto nell'epoca della jiahiliyyah (per recuperare informazioni su quest'epoca, sulla forma metrica della casida ecc., clicca qui) , tardò a convertirsi all'Islam, e per un certo tempo, come dice Jaime Sánchez Ratia, “si dedicó... a vilipendiare il Profeta […]. Per questo motivo, Kaab ibn Zuhair fu inserito nella lista nera dei seguaci di Maometto, e dovette nascondersi impaurito, pensando alle conseguenze delle sue aspre critiche all'inviato di Dio, a cui giunse a dedicare un paio di satire.

domenica 13 giugno 2010

ARABISTI E ARABESCHI 8 - LA POESIA NELL'ETÀ DI MAOMETTO E DEGLI OMAYYADI 1 – Califfi, fitna, arabo classico e poeti

Durante la vita del Profeta Maometto (La Mecca, 571- Medina, 632) fu conquistata all'Islam buona parte della penisola arabica; dopo la sua morte, la Siria, la Palestina con Gerusalemme, la Mesopotamia persiana, l'Egitto con Alessandria, la Persia, parti dell'India, parte dell'Armenia, il Tagikistan, il Kazakhistan, l'Afganistán e l'Uzbekistán; più ad Occidente, l'Africa del Nord, fino al Maghreb, e poi la Penisola iberica. Gli arabi si arrestarono alle frontiere dell'Anatolia e dei territori balcanici, dove sarebbe sopravvissuto per alcuni secoli l'Impero Bizantino, pur dopo aver ceduto le province della Siria e dell'Egitto; e alle soglie della Francia. La famosa sconfitta inflitta da Carlo Martello a un governatore arabo, che mirava, più che a conquiste territoriali, a saccheggi di patrimoni ecclesiali cristiani, fu considerata da scrittori occidentali del tempo come un evento epocale, la vittoria della cristianità sulla presunta ambizione dei musulmani di estendersi nel mondo occidentale.

Le conquiste cui si è fatto cenno iniziarono nell'epoca dei primi quattro califfi – così erano chiamati i capi supremi della nazione islamica, la umma -: erano detti califfi rashidun (= ben diretti), perché parenti o compagni del Profeta; e poi proseguirono con la dinastia degli Omayyadi (661-750), espressione di potenti clan, che posero la capitale a Damasco.

Mentre regnavano gli Omayyadi, si ripeté più volte la fitna- guerra interna al mondo musulmano - che generò congiure e assassini politici, e infine avrebbe portato alla separazione fra sciiti (concentrati soprattutto in Iran, ma largamente presenti anche nell'attuale Irak e in altre zone) e sunniti. Al termine della prima guerra civile, il titolo califfale restò agli Omayyadi, che mantennero il potere per novant'anni.

domenica 6 giugno 2010

MILOMAR by Giuliano Belotti