"...subito comprai due cavalli, di cui uno d'Andalusia della razza dei certosini di Xerez, stupendo animale, castagno d'oro; l'altro un hacha cordovese, più piccolo, ma eccellente, e spiritosissimo."

(Vittorio Alfieri, La Vita scritta da esso - 1790, 1803)

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Naturalmente nessuna analogia fra me e Vittorio Alfieri. Riporto le sue parole perché mi sarebbe piaciuto vivere in Andalusia quando ci venne lui.

martedì 17 agosto 2010

COSE DI SPAGNA, D'ITALIA E DEL MAROCCO – Incontri nel Nord del Marocco 1


PREMESSA E INDICE

Questo mio libretto, che propongo per brevi puntate, racconta incontri ed esperienze di otto giorni che ho trascorso nel luglio dello scorso anno nel Nord del Marocco. In questo primo post, le intenzioni e l'indice.
L'ho scritto un anno fa, nell'agosto 2009. Lo propongo ora, spezzato in capitoli.

Agosto 2009

Per la prima volta ho attraversato quel braccio di mare che mi separa da un lembo d’Africa azzurro: nei giorni limpidi lo vedo dalla mia terrazza. Avrei potuto andarci molto prima, ma non ho voluto. Ho aspettato di avere l’occasione di poter conoscere questa terra, meta di tanti turisti, non attraverso uno sguardo turistico, di cui non mi sento capace, ma attraverso un contatto più profondo e caldo. Ho avuto il privilegio di essere ospite della famiglia allargata di un’amica marocchina che vive a Conil, con cui per qualche mese, sempre in Spagna, ho conversato settimanalmente, su argomenti molto elementari, in arabo classico, che mi ostino a studiare. Ho voluto in questa mia prima incursione nel Maghreb evitare lunghi percorsi tra suq, medine, città imperiali. Se ne avrò la possibilità, esplorerò qualche altra parte di questo paese, ma sempre cercando di conoscere le persone, e, tramite loro, un po’ più me stessa, per quel che è possibile, prima che i paesaggi e i monumenti, che sono belli e importanti, ma, almeno per me, funzioni delle persone, e non cose che possano prescindere dagli esseri umani..


Quest’esperienza interna a una grande famiglia del Nord del Marocco non mi permette certo di raccontare come è questo paese e come sono i suoi abitanti: ho incontrato una scheggia della società del Marocco del Nord, una sola famiglia, molto religiosa. Certamente le altre famiglie di questi luoghi, e poi di tutto il paese, grandi e piccole, e gli individui che le formano, non sono uguali e forse in molti casi neppure simili alle persone che ho conosciuto io. Le differenze, le idiosincrasie individuali, le sfumature e i contrasti non tessono solo la vita di coloro che sono nati nei cosiddetti paesi sviluppati. I marocchini sono certamente, per la stragrande maggioranza, musulmani – ce ne sono però anche non credenti e atei, oltre che di altre religioni -; ma, proprio come i cattolici, lo sono con diverso grado di devozione e di osservanza.
Inoltre l’aver vissuto un’esperienza di otto giorni non autorizza a interpretazioni sicure e a diagnosi supponenti. Infine – ed è la cosa più importante –la mia è una visione oltremodo soggettiva, non nel senso generico che tutto ciò che si pensa è per forza soggettivo, ma nel senso che io ero fra loro con le mie convinzioni, le mie aspettative, le mie insofferenze, le mie contentezze e le altre mie emozioni, oltre che con le rigidezze e le stanchezze proprie della mia età, e che tutto questo faceva inevitabilmente da filtro resistente, interpretante e forse deformante, a incontri, discorsi, rapporti. Non ero insomma lì nel ruolo di antropologa, perché non sono tale, ma nella posizione di amica di una persona che mi aveva introdotta nella grande famiglia. E l’amicizia per me, non so se purtroppo o per fortuna, non è mai stata una cosa pacifica.

Penso che una della forme sotto cui si annida il razzismo, oggi, possa essere l’accettazione del relativismo culturale: loro sono così, belli o brutti che ci appaiano. Ci si limita a guardarli dall’esterno, superficialmente, a considerarne usi e comportamenti, “culture”, come si dice oggi, come fossero fenomeni di folclore divertente o condizioni di vita meritevoli di commiserazione; oppure a giudicarli irriducibilmente diversi da noi, incapaci di un confronto, di fatto inferiori, anche se non lo si dice. Poi si va come al solito a cena con amici della propria stessa terra e che hanno le proprie stesse rassicuranti abitudini e magari si fa della sociologia sui ragazzini che ti assediano per chiedere una moneta, su quell’altro che si è proposto come guida e poi ti ha chiesto un compenso esagerato, ecc.: un argomento di conversazione fra mille. Certo, l’altra faccia del razzismo, più apertamente rozza e violenta, è il disprezzo aperto e sistematico, capace di assumere volti diversi, dall’alterigia alla violenza. È strettissimo il viottolo che evita le due posizioni mentali: e non è una questione di “politicamente corretto”, ma di relazioni umane che almeno cercano di essere decenti. Forse una delle possibilità per seguirlo, questo viottolo – non certo l’unica – è la conoscenza e la frequentazione di loro nella vita personale, quotidiana, e l'offerta di apertura della nostra vita anche privata alla loro esperienza e al loro giudizio. È un tragitto certe volte un po’ faticoso: ma provare a percorrerlo da straniero in terra altrui aiuta forse a capire almeno un poco come si trovano loro, quando giungono stranieri nelle nostre terre: a partire dall’elementare difficoltà di capire la lingua che parlano gli abitanti di un territorio in cui si è appena arrivati. Certo, è più difficile per noi conoscere davvero, dal di dentro, la povertà, la fuga, e tutte le altre sventure.
È anche importante che nella conoscenza reciproca si muovano affetti ed emozioni, di simpatia e di attrazione, ma anche di dissenso e di contrasto: sono questi movimenti del pensiero e del cuore che parlano non ideologicamente, ma nell’esperienza viva, della reale uguaglianza degli esseri umani.

Non posso neppure affermare che quest’esperienza, che non propongo certo come esemplare, non abbia avuto un po’ di valore conoscitivo che meriti di essere raccontato ad altri: se così fosse, non avrebbe avuto senso scrivere queste pagine.
Credo che un valore conoscitivo non certo ampissimo il resoconto che propongo ce l’abbia: soprattutto per me, forse anche per chi lo leggerà: nel senso che ha l’ambizione di contribuire ad aprire strade, di suscitare domande, di dare qualche risposta assai provvisoria su esperienze minute e particolari, di raccontare storie vive e perciò un po’ inafferrabili, come serpentelli spero non velenosi.

Malika, l’amica marocchina che mi ha portato a Tetouan, è tornata in Spagna pochi giorni dopo di me, interrompendo le sue vacanze, perché l’avevano chiamata per un lavoro a cui non si sentiva di rinunciare. È venuta a trovarmi, le ho detto che stavo scrivendo questo libretto e le ho chiesto se mi dava il permesso di raccontare l’esperienza che avevo vissuto nelle case dei suoi familiari, e pure le storie personali che mi hanno raccontato. Mi ha detto di sì, che potevo, ma a un patto: che scrivessi quel che realmente avevo provato e pensavo. È ciò che cerco di fare.



INDICE

1- CASE E DIVANI – Case moderne e una casina

2- FAMIGLIA E FAMIGLIE – La vecchia madre e le sei figlie

3- FAMIGLIA E FAMIGLIE – I figli delle sei sorelle e qualcun altro

4- FESTE – Una regina e una piccola principessa

5- TETOUAN – La medina, la politica, la religione

6- DINTORNI DI TETOUAN – Gita a Chefchaouen

7- DINTORNI DI TETOUAN – La spiaggia sul Mediterraneo e la strada per Ceuta


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