"...subito comprai due cavalli, di cui uno d'Andalusia della razza dei certosini di Xerez, stupendo animale, castagno d'oro; l'altro un hacha cordovese, più piccolo, ma eccellente, e spiritosissimo."

(Vittorio Alfieri, La Vita scritta da esso - 1790, 1803)

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Naturalmente nessuna analogia fra me e Vittorio Alfieri. Riporto le sue parole perché mi sarebbe piaciuto vivere in Andalusia quando ci venne lui.

martedì 24 agosto 2010

COSE DI SPAGNA, D'ITALIA E NEL MAROCCO – Incontri nel nord del Marocco 6



TETOUAN- LA MEDINA, LA POLITICA, LA RELIGIONE

La città (circa 300.000 abitanti) si trova in una vallata, ai piedi e anche sulle prime pendici delle montagne del Rif. Dalla mia terrazza, in Andalucía, nei giorni limpidi, si vede il profilo di questa catena montuosa. Da quei monti aspri scesero, nel 1921, guerrieri che si ribellarono all’incipiente colonialismo spagnolo: erano guidati da Abd-el-Krim, e uccisero migliaia di spagnoli. Furono piegati dopo tre anni di guerra con l’intervento dei francesi, che arrivarono con 25.000 soldati al comando del generale Petain: colui che avrebbe formato, dopo press’a poco vent’anni, il governo di Vichy, collaborazionista con i nazisti durante la seconda guerra mondiale.
Un’arteria larga e ben tenuta parte da una piazza in cui c’è il monumento a una colomba bianca, simbolo della città e corre corre fino alla parte antica. Questa lunga strada costeggia giardini pubblici ben curati e pieni di persone: Malika, quella tra le sei sorelle con cui esco più spesso nelle strade di Tetouan, me li indica con orgoglio. E a sera mi indica i lumicini sulle pendici della montagne e mi dice: “Guarda che bello!” Molte delle traverse però diventano presto strade sterrate, senza pavimentazione: in una di queste stradine c’è la casa della matriarca. Mi dice Khadigia: “Qui intorno abitavano molti cristiani ed ebrei. I cristiani allevavano tanti di quei maiali…” “E che ne facevano? Qui non si mangia carne di porco.” “Ne facevano prosciutti che portavano in Spagna. Prosciutti pregiati, guadagnavano molto.” “E gli ebrei?” “Facevano molti mestieri, come noi. Con alcune ebree eravamo molto amici, erano buone buone persone, che pianti quando se ne dovettero andare!”



Avevo letto che in Marocco c’erano molti ebrei, circa 300.000, legati da antica amicizia agli arabi. E che furono cacciati o fuggirono negli anni successivi alla costituzione dello Stato d’Israele – la maggioranza a metà degli anni cinquanta - e che la separazione dagli abitanti del Marocco era stata lacerante per entrambe le parti. Ora restano nel paese solo qualche migliaio di ebrei. Sapevo queste cose dai libri, e sentire come la grande storia si trasforma in memorie personali, diventa viva, prende le sembianze di una persona che ti sta di fronte e ti parla, è emozionante. Khadigia, quando gli ebrei se ne andarono in massa, doveva essere una bambina. Penso al libro di Abraham Yehoshua, Viaggio alla fine del millennio: un romanzo neostorico, naturalmente con forti tratti postmodernisti che in genere non mi fanno impazzire. La vicenda è ambientata negli ultimi anni del primo millennio dell’era volgare, fra Al-Ándalus, Marocco, Francia e Germania. Fa sentire davvero i profumi della cucina araba e andalusa, ed è un bell’omaggio alla mitica (non sempre reale) fratellanza fra magrebini, arabi, ebrei, e anche a una poligamia che nel romanzo è larga e buona, non ha le durezze e l’ipocrisia che il mercante ebreo protagonista trova poi nelle comunità dei suoi correligionari dell’Europa continentale, di Parigi e di Worms, fortemente influenzate dal cristianesimo.

La medina – la parte centrale della città, dove c’è un grandissimo suq (mercato) corre per un tratto lungo la piazza del bel palazzo reale, costruito qualche secolo fa e poi rinnovato. La piazza, grande e bella, anche se il re non c’è, è chiusa da transenne. Mi viene da dire: “Ma perché tutta per un re che oltre tutto viene qui solo per periodi limitati?” Nel suq ci sono molti mendicanti, proprio miseri, e per lo più vecchi.
Ma Malika e anche Karim, figlio di un’altra sorella, e poi Yusuf, il figlio di Khadigia, mi dicono in più occasioni tutta la loro ammirazione e fiducia in questo re, Mohamed VI. “Aiuta i poveri.” “Il Nord del Marocco si sta trasformando rapidamente, con una velocità a cui non riusciamo neppure a tener dietro. Il re ha costruito strade, ha ristrutturato parti della città. Sta cambiando tutto”. “Questo re sta rinnovando il paese e soprattutto sta valorizzando il Nord, che dai precedenti re era stato lasciato nell’abbandono.”

Con Yusuf ho l’occasione di discutere per un poco, a casa sua: ha invitato buona parte della famiglia a cena, e anche. Lui ha fatto gli studi superiori, legge, ascolta musica raffinata, è una delle persone colte della Famiglia. È credente, come mi pare siano tutti. Mi dice che il Corano è all’origine di tutto, più antico di ogni libro e di ogni sapere; che la loro monarchia è meglio delle democrazie occidentali, in cui uno che governa cerca di essere popolare, e magari di essere rieletto, e perciò lavora per sé e non riesce a fare piani a lungo termine; che la banca islamica, in cui lavora, è diversa da quelle occidentali e che la crisi economica mondiale dovuta alla speculazione finanziaria sta dando ragione a loro… Io obietto qualcosa, ma soprattutto vorrei sapere come funzionano le banche in Marocco. Purtroppo la cena è pronta e mi rendo conto che è difficile “catturare” uno di loro, un maschio, e farlo parlare a lungo, in quest’organizzazione domestica. Anche se Yusuf, che ha studiato pure italiano a scuola, ha davvero modi occidentali, si occupa della bambina più di quanto facciano con i loro figli molti padri nostrani e chiacchiera volentieri e vuole sentire anche la mia opinione. Nella conversazione non abbastanza lunga che abbiamo avuto, mi ha anche accennato alla filosofia e alla scienza araba; io gli ho parlato del mio interesse per la poesia di Al-Ándalus. So da Malika, quando la vedo in Spagna, che Yusuf avrebbe avuto piacere di continuare la conversazione, ci aveva invitate di nuovo a cena, ed è rimasto dispiaciuto quando ha saputo che sono partita.

So che il re del Marocco, salito al trono dieci anni fa, ha posto in marcia riforme, ha dato più poteri al parlamento; proprio in questi giorni pare abbia ripreso in mano la questione del Sahara occidentale, che rivendica da decenni l’indipendenza, per proporre un compromesso con il Fronte Polisario: basato riconoscimento di un’ampia autonomia, ma non dell’indipendenza. Come ho già accennato in altro articolo di questo mio resoconto, ha promosso la riforma del diritto di famiglia: la legge della famiglia, varata nel 2004, è la più avanzata tra quelle dei paesi islamici. Lui stesso ha sposato una ragazza che ha la laurea di ingegnere informatico, emancipata, non usa nemmeno il velo; vanno a passare nel palazzo di Tetouan buona parte dell’estate.
Ma è in tutto un buon re? Viene accusato da alcuni di violazione dei diritti umani. Forse per cancellare almeno in parte questa cattiva fama, giorni fa, nel decennale del suo regno, ha concesso un’ampia amnistia; forse anche per questo sta cercando di tessere un accordo con il Fronte Polisario. Chissà.

Si sente il richiamo del muezzin in tutta la città. Di prima mattina, quando è ancora buio, questo richiamo dura molto. Quando arriva il giorno e siamo tutti in piedi, chiedo a Malika perché è così lungo, e lei mi risponde che cerca di svegliare le persone che non vogliono svegliarsi. Il muezzin chiama, chiama: “Sveglia, sveglia, è meglio pregare che dormire, è meglio pregare…”
Un giorno mi spiegano che loro non possono mangiare e neppure bere fino a sera: che c’è per loro un piccolo Ramadam, che dura una sola giornata. Si commemora la salita al cielo del Profeta, il
mi’râj. Io dico subito che conosco questa denominazione (ho letto L’escatologia islamica nella Divina Commedia di Miguel Asín Palacios, e pure il Libro della scala, un hadîth, un racconto, in questo caso considerato apocrifo, sul viaggio compiuto dal Profeta, che però è simile ad altri racconti ritenuti autentici dai savi). Mi guardano con ammirazione e Malika mi dice: “Beh, sai proprio tutto, ti manca solo di farti musulmana.” Io ribadisco quello che le ho detto mille volte: non sono credente, non sono cristiana, non diventerò mai musulmana, non sono neppure davvero atea… si può vivere sapendo che non si può sapere. E non si è peggiori di chi crede, se non si crede, anzi certe volte si è migliori. Finita la predica, le chiedo: “Ma non credi che ci siano i sette cieli, vero? Ora si vedono le cose in un altro modo, no?” E lei: “No, il Corano non si interpreta, dice la verità così com’è. Ci sono, i sette cieli.” “Ma Malika, gli uomini sono andati o no sulla luna? E allora, dove sono i sette cieli?” “Sono andati sulla luna, non sul sole.” “Beh, ovvio, sul sole non ci potrebbero arrivare, brucerebbero prima.” “Vedi che ci sono i cieli? Gli uomini non possono andare oltre la luna. E sopra tutti i cieli c’è il trono di Dio.” “Senti, potresti ammettere almeno che quando ci fu la rivelazione al Profeta, Dio parlò in modo che gli uomini di allora potessero intenderlo. Ma oggi, come si fa a pensare che queste cose vadano prese alla lettera?” Lei insiste, e io, pur un po’ arrabbiata perché sono convinta che sia più testarda che inconsapevole, lascio perdere, come mi succede tante volte in questi giorni.

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