"...subito comprai due cavalli, di cui uno d'Andalusia della razza dei certosini di Xerez, stupendo animale, castagno d'oro; l'altro un hacha cordovese, più piccolo, ma eccellente, e spiritosissimo."

(Vittorio Alfieri, La Vita scritta da esso - 1790, 1803)

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Naturalmente nessuna analogia fra me e Vittorio Alfieri. Riporto le sue parole perché mi sarebbe piaciuto vivere in Andalusia quando ci venne lui.

lunedì 9 agosto 2010

COSE DI SPAGNA E D'ITALIA - Come augurio alla Puglia e all'Italia

Una novella fantascientifica del duecento, protagonista l'imperatore Federico II

Anonimo COME TRE MAESTRI DI NEGROMANZIA VENNERO ALLA CORTE DELLO ’MPERADORE FEDERIGO


da Il Novellino, ossia Libro di bel parlar gentile, a cura di Domenico Carbone, Barbèra editore, Firenze 1881

Lo ’mperadore Federigo fu nobilissimo signore, e la gente ch’avea bontade venìa a lui da tutte parti, perché donava volentieri e mostrava belli sembianti a chi avesse alcuna speziale bontà. A lui venieno sonatori, trovatori e belli favellatori, uomini d’arti, giostratori, schermitori, d’ogni maniera gente. Stando lo ’mperadore Federigo, e facea dare l’acqua, alle tavole coverte, sì giunsero a lui tre maestri di negromanzia con tre schiavine. Salutaronlo così di subito, ed elli domandò: “Qual è il maestro di voi tre?” L’uno si trasse avanti, e disse: Messere, io sono. E lo ’mperadore il pregò che giocasse cortesemente. Ed elli gittaro loro incantamenti, e fecero loro arti. Il tempo incominciò a turbare; ecco una pioggia repente, e tuoni e fulgori e baleni, e parea che fondesse una gragnuola che parea coppelli d’acciajo. I cavalieri fuggendo per le camere, chi in una parte chi in un’altra. Rischiarassi il tempo. Li maestri chiesero commiato, e chiesero guiderdone. Lo ’mperadore disse: domandate. Que’ domandaro il Conte di San Bonifazio, che era più presso allo ’mperadore, e dissero: “Messere, comandate a costui che vegna in nostro soccorso contra li nostri nemici. Lo ’mperadore li le comandò molto teneramente. Misesi il Conte in via con loro. Menaronlo in una bella cittade; cavalieri li mostraro di gran paraggio, e bel destriere e bell’arme li apprestaro, e dissero: Questi sono a te ubbidire. Li nemici vennero a battaglia. Il Conte li sconfisse e francò lo paese. E poi ne fece tre delle battaglie ordinate in campo. Vinse la terra. Diedergli moglie. Ebbe figliuoli. Dopo, molto tempo tenne la signoria.
Lasciaronlo grandissimo tempo; poi ritornaro. Il figliuolo del Conte avea già bene quarant’anni. Il Conte era vecchio. Li maestri tornaro, e dissero che voleano andare a vedere lo ’mperadore e la corte. Il Conte rispose: “Lo ’mperio fia ora più volte mutato; le genti fìano ora tutte nuove; dove ritornerei? E’ maestri dissero: Noi volemo al postutto rimenarvi.
Misersi in via; camminaro gran tempo. Giunsero in corte. Trovaro lo ’mperadore e suoi baroni, ch’ancor si dava l’acqua, la qual si dava quando il Conte n’andò co’ maestri. Lo ’mperadore li facea contare la novella; que’ la contava: I’ ho poi moglie; e figliuoli c’hanno quarant’anni. Tre battaglie di campo ho poi fatte; il mondo è tutto rivolto: come va questo fatto? Lo ’mperadore li le fa ricontare con grandissima festa a’ baroni ed a’ cavalieri.

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