"...subito comprai due cavalli, di cui uno d'Andalusia della razza dei certosini di Xerez, stupendo animale, castagno d'oro; l'altro un hacha cordovese, più piccolo, ma eccellente, e spiritosissimo."

(Vittorio Alfieri, La Vita scritta da esso - 1790, 1803)

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Naturalmente nessuna analogia fra me e Vittorio Alfieri. Riporto le sue parole perché mi sarebbe piaciuto vivere in Andalusia quando ci venne lui.

sabato 25 settembre 2010

VECCHI E GIOVANI DI SPAGNA E D'ITALIA 2- Giovani disoccupati e precari nei due paesi + affanni e meriti di quotidiani quasi fratelli



Inchiesta su giovani e lavoro, El País, La Repubblica

Quello che dirò in questo post, come ho già preannunciato, sarà, almeno per molti aspetti, in contraddizione con quanto ho raccontato nel precedente, facendo riferimento al libro Vivo altrove - Giovani e senza radici: gli emigranti italiani di oggi, di Claudia Cucchiarato.
Parlando di giovani, disoccupazione e precariato, farò riferimento a due grandi quotidiani, El País e La Repubblica, affratellati in tante occasioni (pubblicano qualche gli stessi articoli, si scambiano “visite” di direttori e giornalisti, ecc. ecc.)

El País sta pubblicando un grande servizio a puntate sui giovani spagnoli: si tratta di quel giornalismo di inchiesta avvincente, che si avvale di una ricca messe di dati, ma anche di interviste, della narrazione di storie individuali: apre non solo finestre, anche porte grandi sul mondo, sensazione che difficilmente si prova leggendo la nostra stampa.
L'inchiesta de El País, nel suo complesso, ha come titolo Reportaje (pre)parados. Un sovra-titolo che gioca sul senso del participio “preparados”: i giovani disoccupati sono parados (“disoccupazione” in spagnolo si dice “paro”, e “disoccupato” “parado”); però, al tempo stesso sostiene che questa generazione di senza-lavoro, di parados, appunto, è pure formata in buona parte da giovani preparados, preparati come mai è avvenuto nella storia: giovani che parlano più lingue, cosa che la nostra generazione neppure si sognava, che hanno a volte più titoli accademici, che hanno fatto esperienza di master e di dottorato in paesi diversi e lontani, ecc. E questo riconoscimento ai ragazzi mi pare molto bello e giusto. Non sopporto la hybris di persone della mia generazione che parlano di questi giovani con tono di sufficienza, come se si trattasse di una massa di ignoranti.

Giornalisti de La Repubblica conducono una coraggiosa battaglia di civiltà e di smascheramento delle infinite malefatte di chi oggi ha il potere (non su tutti gli argomenti, in particolare negli articoli di cronaca “nera”, il livello resta alto; e il gossip di prima pagina dell'edizione on-line è certe volte quasi insopportabile): in molti casi, con le loro analisi puntuali e certamente faticose del quadro politico italiano, pacate ma lontane da ogni codardia e quasi sempre da ogni esasperazione e schematismo, danno l'impressione svolgere un ruolo vicario di un'opposizione quanto meno democratica che pare a volte incredibilmente paralizzata e balbettante.
Però si ha anche l'impressione che l'inevitabile affanno a denunciare la malattia italiana tolga spazio allo spirito di inchiesta, alla lettura approfondita e ampia di aspetti importanti della società, di un brutto sogno che giornalisti valorosi devono attraversare fino in fondo, per forza. Tra le mascalzonate di chi ci governa e di chi asseconda quest'atmosfera c'è anche una sorta di “riduzione in schiavitù” del buon giornalismo, costretto a inseguire squallide vicende pubbliche e private di potenti furbi e ignoranti.

L'inchiesta de El País: sette articoli e un sito

Riporto di seguito i titoli e i link delle diverse puntate dell'inchiesta de El País: in fondo a ciascun articolo puoi trovare i dati, comprensibili anche per chi non conosce il castigliano.

Primo articolo, domenica 19 settembre. Titolo : Questa generazione chiede un "Piano B": presenta con ampiezza di dati e con l'ausilio di interviste e racconto di vicende personali (questi due elementi saranno costitutivi di tutti gli articoli) la lotta dei giovani contro la crisi, e propone anche uno spazio digitale, bellissimo: pieno di storie, testimonianze, ragionamenti.

Secondo articolo, lunedì 20 settembre. Titolo: Precarietà, fonte di eterna gioventù: al centro sono i contratti temporanei e anche le numerose “becas”, borse di studio, che il Governo e le Comunidades assegnano a giovani laureati per lavori temporanei di ricerca in patria o esperienze anche all'estero.

Terzo articolo, martedì 21 settembre. Titolo: Mi pento di aver lasciato gli studi: si dice sono più disoccupati fra i ragazzi che non hanno finito la scuola dell'obbligo rispetto a quelli che hanno il Bachillerado (corrispondente in parte al nostro triennio) o un titolo di Formazione Professionale.

Quarto articolo, mercoledì 22 settembre: Voglio vivere con la mia ragazza e crescere : l'argomento centrale è quello della difficoltà che incontrano i giovani ad andare a vivere in una casa propria, diversa da quella della famiglia d'origine.

Quinto articolo, giovedì 23 settembre. Titolo: Sto pensando di non mettere nel curriculum le mie due lauree: parla della frequente necessità di giovani con alta qualificazione di accettare lavori non congruenti con i loro studi.

Sesto articolo, venerdì 24 settembre. Titolo: Senz'altro sostegno che la speranza: ha al centro dati e ragionamenti sull'imprenditoria giovanile.

Settimo articolo, sabato 25 settembre. Titolo: Senza l'aiuto dei miei genitori non arrivo alla fine del meseparla dei giovani che, pur occupati, prendono uno stipendio troppo basso che non permette loro di raggiungere una piena autonomia economica dalla famiglia di origine.

La situazione dei giovani in Spagna

Riporto alcuni dati tra quelli proposti negli articoli dell'inchiesta, troppo ricchi per essere sintetizzati in breve spazio. Ricordo però prima alcuni dati generali relativi alla popolazione spagnola. Gli abitanti sono 47.000.000, il 12% sono immigrati regolari che godono degli stessi diritti dei nativi.

Com'è noto, la percentuale di disoccupati in Spagna, rispetto alla popolazione attiva (quest'ultima nell'estate del 2008 ammontava al 52% della popolazione complessiva) è ora del 20,09%.

I giovani spagnoli tra 16 e 29 anni disoccupati sono 1.573.600, un terzo della popolazione che ha perso il lavoro. Il tasso di disoccupazione nella Unione Europea, tra coloro che non hanno compiuto 25 anni, è del 20,2%; in Spagna del 41,5%. Il tasso di disoccupazione sale al 62% per i giovani che non hanno terminato la scuola dell'obbligo: questa in Spagna dura 10 anni (più i 3 anni di prescolar, ormai generalizzato); se uno studente è stato sempre promosso, conclude l'obbligo a 16 anni.
Sono il 31,9% i giovani che hanno lasciato la scuola prima del completamento dell'obbligo scolastico, contro il 14,9% dell'Unione Europea. Anche per questa ragione, è immensa l'offerta, a opera del Governo centrale, delle Comunitades (governi regionali), dei Comuni, di corsi di riqualificazione, di recupero degli studi non portati a termine, di corsi di laurea a distanza (ma con molti momenti di incontro e di lezioni-laboratori in praesentia, decentrati sul territorio) promossi dal Ministerio de la Educación, cui si può accedere dopo i 25 anni attraverso esami di ammissione semplificati. Recentemente, nella pur assai discussa nuova legislazione sul lavoro varata dal Governo spagnolo, si prevede che chi è senza lavoro e gode di assegni di disoccupazione debba obbligatoriamente frequentare i corsi di riqualificazione che gli vengono offerti.

In parziale controtendenza con quanto si è detto finora, ci sono anche molti giovani con curricula accademici di alto livello - e non solo in discipline umanistiche – sottoutilizzati, costretti ad accettare qualsiasi tipo di lavoro. Coloro che hanno una formazione universitaria hanno perduto, tra il 1997 e il 2004, il 40% del vantaggio salariale rispetto ai giovani che non hanno terminato l'obbligo, anche se, come si è già detto, continuano a trovare lavoro più facilmente. Qualcuno comunque lamenta il fatto che anche una qualificazione troppo alta può essere di ostacolo a trovare un'occupazione, che difficilmente corrisponde al livello dei suoi studi. Il 44% dei giovani ha un impiego che è al di sotto del livello degli studi.

Il 42% dei 3.201.200 giovani di un'età compresa fra i 20 e i 30 anni che lavorano fruisce di un contratto temporaneo e il salario medio annuale è di 15.370 euro. Tra questi precari sono compresi i giovani che lavorano retribuiti da “becas”, borse di studio per ricerca, lavoro, esperienza in Spagna e all'estero.
Riporto un esempio: la mia ex-insegnante di arabo, ventisettenne, che si è laureata in Filología árabe due anni fa e poi è andata a fare, sempre con aiuti di becas, un master a Bilbao sulla cooperazione, il prossimo dicembre, con un'altra beca andrà a Rabat a lavorare per un anno per l'Unicef. Poi si vedrà.

Il 56,6% dei giovani fra 18 e 34 anni vivono ancora nella famiglia di origine.
Tra i nuovi imprenditori l'8,9% è di ragazzi fra 18 e 24 anni; il 41% di giovani fra 25 e 34 anni.
Una parte cospicua di questi imprenditori non giungono a consolidare il proprio progetto.


Due articoli de La Repubblica

Faccio riferimento, per la situazione italiana, a due articoli pubblicati su La Repubblica, a distanza di quasi cinque mesi l'uno dall'altro. Eccoli.

Primo articolo, sabato 1 maggio. Titolo: Primo maggio, dov'è la festa?: si riportano, fra l'altro, dati sulla disoccupazione in generale e specificamente su quella giovanile.

Secondo articolo, sabato 23 settembre. Titolo: Disoccupazione all'8,5%, massimo dal 2003 - Senza lavoro quasi un terzo dei giovani : riprende il discorso sulla disoccupazione giovanile e riporta dati.

Nel primo articolo, di Ilvo Diamanti, si dice che la disoccupazione in Italia è dell'8,5%; e che fra i giovani (15-24 anni) il tasso di disoccupazione è salito al 28%, ed è il più alto d'Europa.

Nel secondo articolo, lo ripeto, di quasi cinque mesi dopo, non di Diamanti, si dice che nel secondo trimestre il tasso di disoccupazione è salito all'8,5%; e che tra i giovani tra 15 e 24 anni (stessa classe d'età di cui parla Diamanti nel suo articolo di maggio), il tasso di disoccupazione è al 27,9%.

Qualche mia riflessione, ripensando anche al libro di Claudia Cucchiarato


Un poco di trascuratezza, nel secondo articolo di Repubblica: chi scrive su questi argomenti non può andarsi a leggere quello che è stato detto prima da autorevoli studiosi-giornalisti?

Non è però questa leggera sciatteria di giornalisti perseguitati da una cronaca politica che fa vergogna e che richiede, per essere raccontata, grande saldezza di nervi, che mi fa impressione.

Quello che proprio non mi spiego è la “fuga” dei giovani italiani verso la Spagna, quella emigrazione di massa che racconta Claudia Cucchiarato: tanti giovani che dicono di trovarsi meglio a Barcellona che a Milano.

Ho trovato tre risposte a questo mistero, alternative l'una all'altra. 1- Gli italiani che vengono in questo paese soffrono di masochismo patologico gravissimo; 2- Gli spagnoli hanno la mania di darsi martellate sulle dita dei piedi e i loro istituti di statistica, anche loro contaminati da questa mania, falsificano i dati; 3- Il proverbio “Non di solo pane vive l'essere umano” deve essere così trasformato: “Per gli esseri umani il pane abbondante e con buon companatico è l'ultima delle preoccupazioni. Conta più stare allegri, pur mangiando poco. Alla faccia di quelli che dicono che l'economia, i SOLDI, sono alla base di tutto.”

In conclusione riporto un bell'articolo, triste, del bravo Marco Simoni, dal titolo: La generazione del sacrificio.
La prossima volta getterò sul foglio elettronico, in modo più libero e dispiegato, mie riflessioni di “vecchia” (metto fra virgolette quest'aggettivo a me riferito, per non drammatizzare) su quest'insalata di dati e contraddizioni e su qualcos'altro.

Se vuoi leggere il precedente articolo di questa serie, clicca qui.

(2- Continua)

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