"...subito comprai due cavalli, di cui uno d'Andalusia della razza dei certosini di Xerez, stupendo animale, castagno d'oro; l'altro un hacha cordovese, più piccolo, ma eccellente, e spiritosissimo."

(Vittorio Alfieri, La Vita scritta da esso - 1790, 1803)

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Naturalmente nessuna analogia fra me e Vittorio Alfieri. Riporto le sue parole perché mi sarebbe piaciuto vivere in Andalusia quando ci venne lui.

martedì 7 settembre 2010

ARABISTI E ARABESCHI 14 – LA POESIA NELL'ETÀ DEGLI ABBASIDI 2 (e oltre) - Il Pazzo d'amore attraverso secoli e luoghi remoti (prima parte)



Qais, il Pazzo d'amore e Leyla (= notte)

Inizio la piccola antologia dell'epoca abbaside parlando di due personaggi davvero mitici: il poeta leggendario Qais, il Pazzo (in arabo Majnún) e la sua amata Leyla (questo nome significa in arabo “notte”; avverto che vocali e consonanti dei nomi trascritti dall'arabo possono variare, a seconda delle scelte di chi li trascrive. Citando da testi diversi, anch'io cambierò la trascrizione).
I due sfortunati amanti, nati nel deserto, fra le tribù beduine, nell'età ommayyade o addirittura nella jiahiliyya, l'epoca pre-islamica, attraversano secoli e lande lontane: l'Irak, la Turchia, la Persia, l'Azerbaijgian, la Spagna araba... Chissà se Ariosto sentì parlare di questo personaggio, è certamente azzardato ipotizzare legami.
Naturalmente la storia ha subito variazioni, nel suo lungo cammino.

Se vuoi avere un'idea dei viaggi nello spazio e nel tempo compiuti dal Pazzo per amore, su questo sito in inglese. Uno degli ultimi poeti che ha ricordato la storia di Qais è Mahmoud Darwish (1941-2008): per saperne di più, clicca qui.

Una storia del poeta pazzo d’amore

Nella prima metà del X secolo visse Abu l’Farag al Isfahani, che raccolse le composizioni in versi di molti poeti, a partire da quelli jiahiliyya, legandole strettamente alla musica araba del suo tempo. La sua opera, il kitab al-Aghani (il Libro di canzoni), consta di circa venti volumi. Dice Francesco Gabrieli: È difficile immaginare quale sarebbe la nostra conoscenza dell'antica poesia, preislamica e islamica sino a tutto il secolo IX, anzi di tutta l'antichità araba, senza l'opera di questo letterato nato in Persia ma di schietto sangue arabo (era imparentato con gli Omayyàdi), vissuto nella Baghdad abbàside e nell'Aleppo hamdanide, e dotato di un eccellente gusto e criterio storico-letterario.”. Nel libro delle canzoni sono comprese romanze che narrano per lo più vicende d’amore, ma anche notizie, storie e aneddoti sulla vita di poeti.
Uno dei capitoli del Libro delle canzoni racconta appunto la storia del cosiddetto “Magnùn Leyla” (= il pazzo d’amore per Leyla), il cui nome completo è Qais ibn al-Mulawwah. Riporto qualche passo in cui Abu l’Farag al Isfahani narra la pazzia d’amore del poeta, citando qualche suo verso.

L'amore di Qais per Leyla nacque così: un giorno cavalcava una sua cammella di razza e indossava due mantelli da re; passò vicino ad una donna della tribù, chiamata Karima, che stava in conversazione con un gruppo di donne, e fra loro c'era Leyla. Ammirarono la bellezza e la perfezione di lui e lo invitarono a fermarsi per discorrere. Scese dalla cammella, cominciò a parlare con esse e ordinò al suo schiavo di tagliare i tendini dei garretti alla cammella in onore di quelle donne . Così trascorse in conversazione il resto della giornata, finché venne a passare un giovane chiamato Munazil, che portava un mantello da beduino e si spingeva innanzi le sue capre. Le donne, appena lo videro, gli si fecero incontro, lasciando Qais, che andò in collera e venne via.
La mattina dopo si avvolse nel mantello, montò un'altra cammella e tornò da loro. Incontrò Leyla, seduta nel cortile della sua casa; l'amore per lui si era attaccato al suo cuore. Stava parlando con altre ragazze; Qais si fermò accanto a loro e le salutò; lo invitarono a scendere e gli dissero: — Non vuoi fare un po' conversazione con lei? Né Munazil né altri la sanno distrarre da te... — Rispose: — Sì, per la mia vita! — Scese e fece come il giorno avanti, desiderando sapere se essa sentiva per lui quel che egli sentiva per lei. Leyla invece evitava di rivolgergli la parola; passavano le ore, e Leyla parlava con altri, mentre al cuore di Qais si era attaccato un amore pari a quello di lei per lui. Ecco arrivare un giovane della tribù; Leyla lo chiamò e cominciò a parlargli a lungo in disparte, poi gli disse: — Va’! — e guardò Qais in faccia: era alterato e impallidito, addolorato dal contegno di lei. Essa allora improvvisò due versi:
Ciascuno di noi manifesta antipatia davanti alla gente e ciascuno è soggiogato dall'altro,
Ma gli occhi ci comunicano quel che vogliamo, e nei due cuori la passione è sepolta.”

Udendo questi versi, Qais ruppe in un violento singhiozzo e svenne; lo svenimento si prolungava, gli spruzzarono acqua in faccia, e nel cuore di ciascuno dei due si consolidò l'amore per l'altro, raggiungendo il colmo.
Quando il caso di Qais e Leyla fu risaputo e la gente recitava le poesie che egli aveva composto per lei, la domandò in moglie e le donò cinquanta cammelle rosse. La domandò anche Ward ibn Mohammed e le donò dieci cammelli col loro pastore. La famiglia disse: — La faremo scegliere fra voi due, sposerà quello che preferisce, — ma a lei dissero: — Se non sposi Ward ti castigheremo, — ed essa lo sposò per forza.
Racconta al-Haitham al-Murri: — Andai nel territorio dei Banu Amir per visitare il Pazzo, mi indicarono dove stava e incontrai il suo vecchio padre, circondato dai fratelli e da altri uomini. Domandai di lui; piansero, e il vecchio mi raccontò il caso del figlio e disse: “ È impazzito; ogni vestito che gli infilavano, lo lacerava; vaneggiava, andava in giro nudo, giocava con la polvere e con i sassi, non rispondeva a nessuno. Ma quando volevano che tornasse in sé e parlasse, gli nominavano Leyla, allora cominciava a parlare di lei da uomo ragionante, senza sbagliare una lettera, e i giovani della tribù lo visitavano, gli parlavano di lei e gli recitavano versi, o ascoltavano lui declamare... Qais abbandonò la preghiera, e se gli dicevano: ‘Che hai, che non preghi?’ non rispondeva motto. Lo rinchiudemmo e lo legammo, allora cominciò a mordersi la lingua e le labbra, e tanto ci spaventò che lo lasciammo libero, e andava vagando.”
Nel secondo anno della sua pazzia giunse Omar ibn Musahiq e lo vide nudo, che giocava coi sassi. Ordinò allo schiavo di recare un vestito e disse ad uno dei presenti: — Buttalo addosso a quell'uomo. — Rispose: — Ma tu lo conosci? — No. — È il figlio del capo della tribù; se volesse vestirsi, il padre possiede abiti a sufficienza, — e gli raccontò il caso. Ibn Musahiq lo chiamò e gli rivolse la parola, ma Qais non capiva niente di quel che diceva. Gli suggerirono i presenti: — Se vuoi che ti risponda a tono, nomina Leyla. — Gliela nominò, lo interrogò sul suo amore, recitò a Qais i versi composti per lei e domandò: — L'amore ti ha ridotto così? — Rispose: — Sì, e mi ridurrà peggio di quel che vedi! — Stupì Ibn Musahiq e disse: — Vuoi che te la faccia sposare? — È possibile? — Vieni con me dalla famiglia di lei; domanderò la sua mano per te, allettandoli con una buona dote…

[La famiglia non concede la mano della ragazza (che peraltro dovrebbe essere già sposata: è questa, probabilmente, una delle incoerenze presenti negli antichi testi) e Qais continua nella sua pazzia…]

Errava nel deserto con gli animali selvatici, mangiando soltanto le erbe che spuntano nel deserto e bevendo soltanto in compagnia delle gazzelle quando scendevano ai loro punti d'acqua. I capelli ed i peli del corpo gli crescevano, le gazzelle erano diventate mansuete con lui e non lo fuggivano…

[È una pazzia, quella di Qais, buona e mite, e così continua, anche quando gli capita di incontrare l’amata, che sta seguendo la sua tribù nella transumanza. E quando poi, dopo che è restato di nuovo solo, delle donne gli si siedono accanto e lo invitano a dimenticare Leyla e ad amare una di loro, da cui potrebbe essere corrisposto. Il poeta risponde che è impossibile Allora….]

Gli dissero le donne: - Descrivici Leyla,- e Qais recitò la poesia che comincia:
Bianca, di schietta bianchezza, come una luna piena al centro di gelida notte:”

(Francesco Gabrieli, Virginia Vacca, Antologia della letteratura araba, cit., pag. 159)

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