"...subito comprai due cavalli, di cui uno d'Andalusia della razza dei certosini di Xerez, stupendo animale, castagno d'oro; l'altro un hacha cordovese, più piccolo, ma eccellente, e spiritosissimo."

(Vittorio Alfieri, La Vita scritta da esso - 1790, 1803)

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Naturalmente nessuna analogia fra me e Vittorio Alfieri. Riporto le sue parole perché mi sarebbe piaciuto vivere in Andalusia quando ci venne lui.

domenica 14 novembre 2010

ARABISTI E ARABESCHI 23 - POETI DI AL-ANDALUS 4 – Traduzioni, identità, e poi i versi di un principe ommayyade fuggiasco



Traduzioni, identità, pregiudizi e mancanza di pregiudizi

Anni fa, quando incominciavo ad interessarmi alla poesia araba, comprai in un negozio di libri usati di Siviglia un volumetto del 1932. Il nome che figurava nella parte alta della copertina era quello di Juan Valera. Ho scoperto poi che Valera non conosceva l’arabo e non era l’autore dell'antologia, ma il traduttore: aveva riportato in castigliano il libro, pubblicato nel 1867, di un tedesco, che si chiamava Adolf Friedrich von Shack. A questi due personaggi ho già fatto cenno all'inizio di questo percorso. Sia Friedrich von Schack, nato nel 1815 e morto nel 1894 (se vuoi vedere la sua fotografia, clicca qui) - sia Juan Valera erano signori baffuti.
Von Schack, molto più bello di Valera, ricoprí incarichi diplomatici, scrisse poesie, opere teatrali etc.; venne in Spagna per la prima volta a quasi quarant'anni e divenne un arabista famoso. Penso sia colui che nel mondo ha tradotto più di chiunque altro la grande poesia arabo-andalusa, estendendo il suo interesse anche a quella arabo-siciliana. Racconta nel suo libro, molto piacevole e divulgativo, anche delle avventure e disgrazie vissute dai poeti.
Juan Valera, nato in un pueblo vicino a Cordova nel 1824 e morto nel 1905 (per vedere le foto, clicca quiclicca qui; puoi poi trovare altre notizie su di lui in Wikipedia e anche nel Cervantes virtual) fu diplomatico, politico, critico letterario e scrittore di varie opere, fra cui romanzi tardo-romantici.
Von Schack fu catturato dal fascino dell'antica poesia arabo-andalusa (rileggi a tal proposito la parte finale del mio post Arabisti e arabeschi 2 - Sulla poesia araba del Medioevo ): bisogna rendergli merito perché non si lasciò contaminare dai pregiudizi del tempo a proposito della superiorità della cultura occidentale e indoeuropea su quelle “semitiche”. Per quanto riguarda tali pregiudizi in ambito italiano, basti pensare al marmoreo poemetto Le Grazie di Ugo Foscolo (“odio il verso che suona e che non crea”) o al divertentissimo e antisemita Inno a Satana del simpatico prof. Giosuè Carducci (gli costò, se ricordo bene, una sospensione dall'insegnamento universitario, non in quanto antisemita, ma in quanto anticlericale e anticristiano): entrambi, con accenti diversi, rivendicavano la classicità greca e anche, in subordine (almeno per Ugo), latina, come fondamento dell'identità propria e dell'Italia.
Anche Juan Varela disprezzava le “culture semitiche”, o comunque le considerava molto al di sotto di quelle classiche, che secondo la visione dominante del tempo erano sorte e si erano sviluppate nettamente separate dalle prime. Eppure tradusse in spagnolo la poderosa opera di von Schack. Contraddizioni umane!
Oggi quest'opera, tradotta in castigliano (non so se esista ancora in tedesco), è disponibile nel Cervantes Virtual; però in questo sito è stata messa male, ci sono continue sovrapposizioni fra i diversi capitoli ed è perció faticosa la consultazione. Viene in soccorso la solita bella Editorial Hiperión, che ha ripubblicato in una veste abbastanza elegante l'opera di von Schack tradotta da Valera.
È possibile saccheggiare questo libro quanto si vuole, perché fuori dai diritti d'autore. Riporterò diverse poesie traducendole in italiano, però non esagererò: chi vorrà approfondire, potrà cercare sul sito del Cervantes virtual o comprare il libro edito da Hiperión: vale proprio la pena avere a portata di mano un'opera come questa!
La catena delle traduzioni è dunque questa: poesie arabo-andaluse –> traduzione dall’arabo al tedesco di A.F.de Schack–> traduzione dal tedesco allo spagnolo di Juan Valera –> traduzione dallo spagnolo all’italiano mia. Naturalmente qualsiasi garanzia di piena fedeltà ai testi e ai ritmi originari va a farsi benedire. Ma, come ho già detto molte volte, il percorso che propongo è tutt'altro che filologicamente ineccepibile. Credo comunque utile offrire almeno un'idea di questo mondo poetico quasi totalmente sconosciuto ai più.
Sceglierò però qualche lirica anche da altri libri.

Califfi, emiri, visir

Il califfo è il capo della ummah, la comunità dei musulmani. A metà dell'VIII secolo, come si è visto in precedenti post, il califfato passò dalla mani degli Omayyadi a quelle degli Abbasidi, che portarono la capitale a Baghdad. Oggi il califfato non esiste più, nessuno dei re, dei presidenti e dei leader di stati musulmani può vantare di rappresentare tutta la ummah. Pare che Bin Laden, nello scatenare il disastro dell'11 settembre, avesse la speranza di far infuriare gli stati occidentali inducendoli ad attaccare quelli musulmani: ciò, nelle sue speranze, avrebbe provocato la rivolta di tutta la ummah contro i gruppi dirigenti degli stati musulmani “corrotti” e legati all'Occidente, e quindi una restaurazione del califfato. Un folle sogno di bocce, che però, com'è noto, trovò come complice un'altra follia cattiva: quella di George Bush e degli altri che assecondarono la sua paranoia.
L'emiro è il principe: quello che sto per introdurre è un principe omayyade fuggito alla strage dei suoi e diventato “capo” di Al-Andalus. Un suo discendente rivendicherá la sede del califfato nella Spagna musulmana, oserà proclamarsi califfo.

Val la pena di dire anche chi è il visir: è il ministro del re o del califfo o del principe, in genere potente, qualche volta anche saggio.


Un emiro fuggiasco e nostalgico

Abd-ar- Rahman nacque a Damasco, era un omayyade; in seguito a scontri e a fughe dai persecutori abbasidi, attraverso il Maghreb, giunse nella Spagna araba e, dopo avventure e lotte, divenne il primo emiro indipendente di Cordova, dove regnò a lungo (756-788), e iniziò la costruzione della splendida moschea. Tenne con sé cantori, musicisti e poeti, e fra questi una cantante e suonatrice di laùd, la schiava Achfa. La leggenda vuole che tutte le palme di Spagna siano figlie di un’unica madre, una palma che Abd-ar- Rahman aveva portato dalla lontana Siria e piantato con le sue mani nel giardino del suo palazzo.
La prime due poesie che seguono, da lui composte, sono dedicata alla palma:

ALLA PALMA

Anche tu sei, o palma,
straniera su questo suolo!
Piangi, dunque! Ma, essendo muta,                                                    
come puoi piangere il mio dolore?
Tu non senti, come io sento,
la sofferenza della lontananza.
Se tu potessi sentire,
verseresti amare lacrime.
Alle tue sorelle d’Oriente
manderesti i tuoi tristi lamenti,
alle palme che l’Eufrate
irriga con le sue acque trasparenti.
Però tu dimentichi la patria,
proprio mentre me la ricordi:
la patria da dove Abbas (1)
e il Fato avverso mi trattengono lontano.

(1) Abu-l-Abbas fu il rivale del califfo omayyade, lo sconfisse e ordinó la distruzione della sua famiglia.

ANCORA ALLA PALMA                                 

Nel giardino di Ruzafa (1)                 
ho visto una palma leggiadra.
Che, lontana dalle altre palme
sembrava gemere.
E le dissi: “Ti hanno separato
dalle tue sorelle, e, quanto a me,
da amici e parenti
mi separa il duro fato.
Tanto lontano io vivo dai miei,
e tu in un paese straniero.
La mia sorte è simile alla tua,
tu sei qui l'immagine di me.
Che la pioggia, per darti acqua,
riempia tutto il giardino.
Che le stelle del cielo
si sciolgano su di te.

(1) Ruzafa è un quartiere di Valenzia


LA POESIA DELLA NOSTALGIA                                    

Dio ti guidi, cavaliere,
che ti dirigi verso la mia patria;
prendi con te la benedizione
e i sospiri che invia
una parte dell'anima mia
all'altra parte che ancora vive là.
Incatenato sta il mio corpo
alla terra che calpesta
e il ricordo dell'altra terra
mi strappa il dolce sonno;
là ho lasciato il cuore
e quanto di buono avevo.
Così ha deciso Allah;
che possa la sua volontà permettere
che l'esiliato alla sua patria
ritorni un giorno.

(Le poesie sono tratte da von Schack, Valera, Poesiá y arte de los árabes en España y Sicilia, Ediciones Hiperión, Madrid)

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