"...subito comprai due cavalli, di cui uno d'Andalusia della razza dei certosini di Xerez, stupendo animale, castagno d'oro; l'altro un hacha cordovese, più piccolo, ma eccellente, e spiritosissimo."

(Vittorio Alfieri, La Vita scritta da esso - 1790, 1803)

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Naturalmente nessuna analogia fra me e Vittorio Alfieri. Riporto le sue parole perché mi sarebbe piaciuto vivere in Andalusia quando ci venne lui.

sabato 9 ottobre 2010

ARABISTI E ARABESCHI 17 – ETÀ DEGLI ABBASIDI 5- Poesia e assassinî



Il poeta-califfo di un giorno, che fu assassinato nella notte successiva alla sua ascesa al trono

Ibn al Mu'tazz (Samarra 861- Bagdad 907) fu poeta e letterato raffinato; era stato educato e istruito quando era ragazzo da uno dei maggiori filologi e grammatici arabi di tutti i tempi. Raccolse una piccola antologia di poeti, il cui manoscritto unicum si conserva ora nell'Escorial. Per molto tempo si dedicò alla poesia, agli svaghi e ai piaceri della carne. Compose poesie amorose e bacchiche.
Circostanze fortuite gli permisero di entrare nella corte califfale di Bagdad, dove scrisse per il califfo Al Mu'tadid una famosa ode-panegirico. Alla morte di questi, ritornò alla vita privata.
Però successivamente partecipò a una congiura volta a detronizzare e a uccidere il nuovo califfo. La sollevazione ebbe un successo che durò pochissimo, e lo stesso poeta fu messo dai congiurati sul trono califfale. Ma i partigiani del califfo spodestato reagirono immediatamente, e Ibn al Mu'tazz, in fuga per la città, fu raggiunto e strangolato.

Ibn al Mu'tazz compose fra l'altro un trattato sul badi', Kitab al Badi', in cui difese la ricerca dell'insolito e del meraviglioso nella poesia, appoggiandosi persino al Corano.

La lirica che traduco in italiano dalla bellissima traduzione in castigliano di Jaime Sánchez Ratia, ha al centro la tematica bacchica e quella amorosa. Propone nell'ultima parte, in una chiave surreale e sognante, l'intreccio fra gesti di intensa sensualità e la presenza incombente di due figure di nemici degli amanti che torneranno tante volte nella poesia provenzale: i moralisti marparlieri, e gli spioni quasi gatti, i cui occhi brillano nel buio come le stelle.

Gli occhi degli spioni

Cura gli affanni con vino virgineo e mescola
la luce dell'acqua con il fuoco del vino buono (1)
del quale non resta, per il lungo invecchiamento,
nei tini null'altro che un fondo dorato.
Continua a impreziosirlo il tempo con il suo procedere
e si raffina, diventa più delicato e puro,
fino a che non rimane altro che il suo respiro
nel tino, che si separa dalle scorie,
e si consuma nella notte della sua pece
come lo fa Marte nelle tenebre (2),
depurato come un lingotto di terso metallo,
o un serpente che scivola su un terreno rovente.
E stato sostituito il sigillo dell'anfora
con una mela sull'imboccatura di ciascuna brocca (3).
Tienimi lontano dai sorsi mattutini (4), piuttosto porgimi
una coppa di vino a ogni nuovo tramonto.
Non poche volte il sonno fece sfuggire al maldicente
le tracce degli amanti che si davano nuovo appuntamento,
i colli intrecciati, uniti tutta la notte,
il ventre saldato al ventre,
fin che, quando sorgeva il nuovo giorno,
si separavano, sospiri, bramosia e lacrime.
Nulla ci spaventava, nulla,
salvo gli occhi degli spioni, quasi stelle nella notte.

(mia trad. in italiano da Jaime Sánchez Ratia, Treinta poemas árabes en su contexto , ed. Hiperión, Madrid 2006; anche le note che ho scelto sono tradotte in italiano dal libro di J.S.R.).

(1) – In quell'epoca, il vino era frequentemente esportato e, come nei tempi classici, greco-romani, si consumava mescolato con acqua per attenuarne gli effetti, che allora, essendo il vino commercializzato in forma concentrata, avrebbero potuto essere devastatori. Poiché le brocche non si potevano chiudere ermeticamente, dato che non si conosceva il sughero, è più che probabile che si trattasse di una sostanza imbevibile e stordente, ragion per cui il suo consumo aveva una cattiva reputazione a quel tempo.

(2)- Si credeva allora che Marte fosse un pianeta che bruciava costantemente e che si consumava con il passare del tempo.

(3) – Pare che a quel tempo, quando si apriva una brocca, 
si usasse  porre una mela sulla sua imboccatura per impedire sia l'entrata di insetti sia l'eccessiva ossidazione del vino.

(4) – Tra i peccati che comportava il consumo di alcool, cosa proibita nell'Islam, il
sabuh o sorso mattutino rappresentava il colmo della degenerazione, giacché facilmente costituiva l'anticipo di un giorno “spiritoso”, o la conclusione di una notte di baldoria.

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