"...subito comprai due cavalli, di cui uno d'Andalusia della razza dei certosini di Xerez, stupendo animale, castagno d'oro; l'altro un hacha cordovese, più piccolo, ma eccellente, e spiritosissimo."

(Vittorio Alfieri, La Vita scritta da esso - 1790, 1803)

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Naturalmente nessuna analogia fra me e Vittorio Alfieri. Riporto le sue parole perché mi sarebbe piaciuto vivere in Andalusia quando ci venne lui.

giovedì 18 novembre 2010

COSE DI STRANI STUDENTI UNIVERSITARI - Cavallini allo stato brado e un dottore spagnolo del 600, che poi diventa di vetro, in viaggio per l' Italia



Sto trascurando i miei Cavallini e li lascerò andare allo stato quasi brado ancor più nelle prossime settimane. Però mi impegno a terminare, pur se a passo di lumaca, il percorso sulla poesia araba.
Questo rallentamento è dovuto al fatto che alla mia bella età, per un amore dissennato e senza speranza per la lingua araba e per ciò che ci sta intorno (disperato perché non diventerò mai l'arabista che vorrei, mi mancherà il tempo di vita: però ancora una volta decido di spendermi per amore senza calcolare il tornaconto) mi sono iscritta al Grado (è il nuovo nome delle facoltà, dopo l'adeguamento ai piani di Bologna) di Estudios árabes e islámicos nell'Università di Cadice.
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Miei compagni sono bambini molto più vicini ai miei nipotini che a me: i loro occhi sono contornati dalla punta sottile e scurissima di un lapis ben temperato, il loro viso è di porcellana. Sono strega tra tantissimi pollicini: non so se hanno paura che li mangi. Io faccio di tutto per rassicurarli. La bizzarria è aggravata dal fatto che qualcuno dei professori (potrebbero essermi in maggioranza figli) ha l'orribile idea di dare compiti di gruppo... e perciò anch'io devo entrare in gruppo con i diciottenni.

Con la riforma dei piani di studio legata agli accordi Bologna (i nuovi titoli saranno riconosciuti in tutta l'Unione Europea senza bisogno di omologazioni), pare che almeno in Spagna il rapporto studenti-insegnanti si sia fatto più stretto. Così mi hanno detto. Mi occuperò più in là di capire bene le differenze fra passato e presente, di Bologna, delle prospettive, delle resistenze (non so se giustificate o no) che buona parte del corpo docente e gruppi di studenti hanno opposto a questa riforma. Per ora assaporo fino in fondo la stranezza della mia situazione. Non potrei fare diversamente, d'altra parte: ci danno molti compiti a casa. Forse per me, visto che sono vecchia e in certe cose abbastanza saggia ed esperta, non sarebbero tanti, ma devo farli in castigliano e per iscritto. Sette esami su dieci di questo primo anno non riguardano infatti l'arabo, ma la linguistica, la lingua e la letteratura spagnole. Poi, se uscirò viva, dal prossimo anno piena immersione in ciò che più mi interessa. E anche gli esami, che si terranno fra la fine di gennaio e l'inizio di febbraio, e poi fra giugno e settembre, saranno tutti scritti. Cerco di approfittarne per fare un salto in avanti con il mio castigliano. Mi servirà a essere meno straniera. Però ho paura di essere bocciata. Vedo già, con desolazione,  i miei figli e i miei nipoti che mi consolano e mi compatiscono. Dai, non è così grave, hai già fatto tante cose nella vita... E poi l'importante è provarci.

Beh, questa è la mia condizione attuale: certo, me la sono andata a cercare.

Un piccolo regalo per chi si avventura ancora a visitare i miei Cavallini: immagini dell'Italia di qualche secolo fa, che ci vengono da una delle Novelas exemplares (o ejemplares) di Miguel de Cervantes Saavedra: si tratta de El licenciado Vidriera.

domenica 14 novembre 2010

Vivaldi, Concerto in D Major - II mov. largo

ARABISTI E ARABESCHI 23 - POETI DI AL-ANDALUS 4 – Traduzioni, identità, e poi i versi di un principe ommayyade fuggiasco



Traduzioni, identità, pregiudizi e mancanza di pregiudizi

Anni fa, quando incominciavo ad interessarmi alla poesia araba, comprai in un negozio di libri usati di Siviglia un volumetto del 1932. Il nome che figurava nella parte alta della copertina era quello di Juan Valera. Ho scoperto poi che Valera non conosceva l’arabo e non era l’autore dell'antologia, ma il traduttore: aveva riportato in castigliano il libro, pubblicato nel 1867, di un tedesco, che si chiamava Adolf Friedrich von Shack. A questi due personaggi ho già fatto cenno all'inizio di questo percorso. Sia Friedrich von Schack, nato nel 1815 e morto nel 1894 (se vuoi vedere la sua fotografia, clicca qui) - sia Juan Valera erano signori baffuti.
Von Schack, molto più bello di Valera, ricoprí incarichi diplomatici, scrisse poesie, opere teatrali etc.; venne in Spagna per la prima volta a quasi quarant'anni e divenne un arabista famoso. Penso sia colui che nel mondo ha tradotto più di chiunque altro la grande poesia arabo-andalusa, estendendo il suo interesse anche a quella arabo-siciliana. Racconta nel suo libro, molto piacevole e divulgativo, anche delle avventure e disgrazie vissute dai poeti.
Juan Valera, nato in un pueblo vicino a Cordova nel 1824 e morto nel 1905 (per vedere le foto, clicca quiclicca qui; puoi poi trovare altre notizie su di lui in Wikipedia e anche nel Cervantes virtual) fu diplomatico, politico, critico letterario e scrittore di varie opere, fra cui romanzi tardo-romantici.
Von Schack fu catturato dal fascino dell'antica poesia arabo-andalusa (rileggi a tal proposito la parte finale del mio post Arabisti e arabeschi 2 - Sulla poesia araba del Medioevo ): bisogna rendergli merito perché non si lasciò contaminare dai pregiudizi del tempo a proposito della superiorità della cultura occidentale e indoeuropea su quelle “semitiche”. Per quanto riguarda tali pregiudizi in ambito italiano, basti pensare al marmoreo poemetto Le Grazie di Ugo Foscolo (“odio il verso che suona e che non crea”) o al divertentissimo e antisemita Inno a Satana del simpatico prof. Giosuè Carducci (gli costò, se ricordo bene, una sospensione dall'insegnamento universitario, non in quanto antisemita, ma in quanto anticlericale e anticristiano): entrambi, con accenti diversi, rivendicavano la classicità greca e anche, in subordine (almeno per Ugo), latina, come fondamento dell'identità propria e dell'Italia.
Anche Juan Varela disprezzava le “culture semitiche”, o comunque le considerava molto al di sotto di quelle classiche, che secondo la visione dominante del tempo erano sorte e si erano sviluppate nettamente separate dalle prime. Eppure tradusse in spagnolo la poderosa opera di von Schack. Contraddizioni umane!
Oggi quest'opera, tradotta in castigliano (non so se esista ancora in tedesco), è disponibile nel Cervantes Virtual; però in questo sito è stata messa male, ci sono continue sovrapposizioni fra i diversi capitoli ed è perció faticosa la consultazione. Viene in soccorso la solita bella Editorial Hiperión, che ha ripubblicato in una veste abbastanza elegante l'opera di von Schack tradotta da Valera.
È possibile saccheggiare questo libro quanto si vuole, perché fuori dai diritti d'autore. Riporterò diverse poesie traducendole in italiano, però non esagererò: chi vorrà approfondire, potrà cercare sul sito del Cervantes virtual o comprare il libro edito da Hiperión: vale proprio la pena avere a portata di mano un'opera come questa!

domenica 7 novembre 2010

COSE D'ITALIA - Ascoltando Fini: Alessandro Manzoni e l'Italia di oggi









Lo strano amore di me non credente - e spesso anticlericale più di quanto forse vorrebbe Vendola - per Alessando Manzoni mi fa ritornare in mente in questi giorni, continuamente e ossessivamente, il Coro del III atto dell'Adelchi. Mentre ascolto l'intervento di Fini i versi manzoniani mi percuotono il cervello.
Cedo alla loro forza e riporto la prima parte del Coro, e intanto il pensiero va anche al crollo della scuola dei gladiatori di Pompei.

Dagli atrj muscosi, dai fori cadenti
Dai boschi, dall’arse fucine stridenti,
Dai solchi bagnati di servo sudor,
Un volgo disperso repente si desta;
Intende l’orecchio, solleva la testa
Percosso da novo crescente romor.
Dai guardi dubbiosi, dai pavidi volti,
Qual raggio di sole da nuvoli folti,
Traluce dai padri la fiera virtù;
Nei guardi, nei volti confuso ed incerto
Si mesce e discorda lo spregio sofferto
Col misero orgoglio d’un tempo che fu
S’aduna voglioso, si sperde tremante;
Per torti sentieri, con passo vagante,
Fra tema e desire, s’avanza e ristà;
E adocchia e rimira scorata e confusa
Dei crudi signori la turba diffusa,
Che fugge dai brandi, che sosta non ha.
Ansanti li vede, quai trepide fere,
Irsuti per tema le fulve criniere,
Le note latebre del covo cercar:
E quivi, deposta l’usata minaccia,
Le donne superbe, con pallida faccia,
I figli pensosi pensose guatar
E sopra i fuggenti, con avido brando,
Quai cani disciolti, correndo, frugando,
Da ritta da manca, guerrieri venir:
Li vede, e rapito d’ignoto contento,
Con l’agile speme precorre l’evento,
E sogna la fine del duro servir.

E ora qualche domanda.
I guerrieri franchi che arrivano sono i finiani? O chi altro? E i longobardi in fuga chi sono? E la plebe che spera in una liberazione che colore politico ha?
Chi vuole leggere tutto il Coro, con le note di spiegazione, clicchi qui.

sabato 6 novembre 2010

COSE D'ITALIA E UN POCO DI SPAGNA – Bersani, Vendola e qualche ricordo

Ho ascoltato con attenzione gli interventi di Nichi Vendola al Congresso di Sinistra Ecologia Libertà e di Bersani all'Assemblea Nazionale dei circoli Pd riuniti a Roma: da quest'angolo di Spagna, lontana da molto tempo da un impegno politico diretto di cui non mi sento più capace.
Anche per questo posso esprimere pensieri e riflessioni da una distanza piena di affetto e anche di passione, ma che resta distanza, da qualche anno anche fisica.

Comincio da Bersani, che ha parlato oggi (puoi cliccare qui, anche se non è stato ancora pubblicato il video intero). Per più di metà dell'intervento, ha insistito sui problemi interni del Pd, sulla sua forza, sul “rimbocchiamoci le maniche”, sulla necessità di convincere gli italiani della bontà del programma di cui il partito è portatore. Ha detto, a proposito dei recenti e più antichi scandali che hanno riguardato il premier, che per governare bisogna essere anche brave persone, corrette. Ha accennato alla Lega che dopo aver accusato Roma ladrona se l'è fatta con i corrotti e con i ladroni. Il paese è allo sbando, è tutto da ricostruire, ha detto Bersani: la scuola, il lavoro, bisogna riequilibrare il carico fiscale che ora grava sulle spalle dei più disagiati. Questa legge elettorale è una vergogna, ha detto, neppure io vorrei governare con condizioni del genere: se hai il 30% dei voti, puoi fare e disfare a tuo piacere. Il Pd è un grande partito, l'unica vera alternativa. E quindi ha proposto, ricevendo dalla platea molti applausi, una manifestazione per l'11 dicembre, una spallata al governo attuale, indegno e indebolito.
L'impressione che ho ricevuto dal suo discorso è che per lui sia chiaro da tempo ciò che si deve fare, se mai il programma andrà articolato meglio, ma ci sono certezze di fondo sulla direzione da prendere.
Molto diverso il tono dei discorsi di Nichi Vendola, che sicuramente sento assai più vicino a quello che penso e chiedo io, e chiederei ancor più insistentemente se fossi giovane. Per questa ragione mi avventuro a riprendere alcuni aspetti dei suo ragionamento e anche del suo modo di porsi, cerco di analizzarli anche alla luce di un'esperienza soggettiva passata e presente, e infine di manifestare il disagio per quelle che mi sembrano insufficienze della proposta.