"...subito comprai due cavalli, di cui uno d'Andalusia della razza dei certosini di Xerez, stupendo animale, castagno d'oro; l'altro un hacha cordovese, più piccolo, ma eccellente, e spiritosissimo."

(Vittorio Alfieri, La Vita scritta da esso - 1790, 1803)

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Naturalmente nessuna analogia fra me e Vittorio Alfieri. Riporto le sue parole perché mi sarebbe piaciuto vivere in Andalusia quando ci venne lui.

domenica 5 settembre 2010

ARABISTI E ARABESCHI 13 – LA POESIA NELL'ETÀ DEGLI ABBASIDI 1 – Guerre, fondazione di Baghdad, frantumazione del califfato, splendore culturale

Alla metà dell'VIII secolo si scatenò nel mondo islamico una fitna che travolse la dinastia omayyade. Ebbe inizio nel Khorasàn e fu capeggiata dal clan dei Banū 'Abbās, che vantavano la discendenza dallo zio del Profeta. Ebbero alleati gli Alidi, che rivendicavano anch'essi il potere in quanto parenti di Maometto. Al termine della sanguinosa contesa, gli Abbasidi, che avevano massacrato quasi tutti i membri della dinastia omayyade, ottennero il potere e gli Alidi, emarginati, dopo ulteriori scontri, avrebbero dato vita allo sciismo. Alle radici di questa ennesima e non ultima guerra interna al mondo islamico, c'era anche l'insofferenza per la predominanza degli arabi in posti di potere, in un impero che ormai si estendeva in tre continenti (Africa, Asia ed Europa) e in un mondo religioso in cui teoricamente i fedeli avrebbero dovuto trovarsi sullo stesso piano: c'era stata invece a lungo una discriminazione dei mawlā, musulmani non di origine araba.
Quindi la dinastia abbaside, una volta che si instaurò, fu portatrice anche di istanze universalistiche, coerenti con l'espansione dell'Islam.


La dinastia abbaside nominalmente durò cinque secoli, dal 750 al 1250. In realtà, prima ancora che scadessero i cento anni dalla sua presa del potere, ebbe inizio lo smembramento del califfato, a cominciare con il distacco della Spagna e del Maghreb. 

Alla Spagna, dove si rifugiò un principe omayyade sfuggito alla strage dei suoi, dando nuovo inizio a un ramo della sua dinastia, dedicherò più avanti un percorso specifico: l'immensa fioritura culturale e poetica in lingua araba della penisola iberica, pur in gran parte sviluppatasi nel tempo in cui, almeno nominalmente, sulla gran parte del mondo islamico regnava il califfo abbaside di Baghdad, richiede una considerazione particolare.
Nel Maghreb ci furono scontri religiosi fra gruppi kharigiti e governatori aglabiti, questi ultimi posti dal califfo di Baghdad a dirigere le zone del Maghreb in funzione anti-kharigita, e che col passare del tempo si resero autonomi e furono artefici della conquista della Sicilia (se vuoi leggere la storia degli Aglabiti in dialetto siciliano, divertente e ben fatta, clicca quiclicca qui). In Egitto, dopo complicate e lunghe guerre, erano saliti al potere i Fatimidi, con cui gli Aglabiti si allearono: governatori aglabiti di Palermo ricevettero l'investitura dal califfo fatimida del Cairo.

Queste, per lineamenti oltremodo sommari, le vicende politiche e di guerra all'interno del mondo islamico occidentale. Alle lotte fra fazioni, califfi, dinastie, gruppi "etnici", si accompagnarono dispute, talora aspre, molte volte fonte di scontri, fra diverse scuole interpretative del Corano. Ci fu, ad esempio, la scuola
mu'tazilita, che respingeva qualsiasi interpretazione antropomorfa della divinità, e quindi la lettura letterale del Corano: secondo i mu'taziliti, la rivelazione contenuta nel libro sacro faceva uso di metafore per poter trasmettere verità di fede ad anime semplici. Ci fu, contrapposta alla precedente, la scuola teologica e giuridica hanbalita (dal nome del fondatore Ibn Hanbal), che si dava il compito di interpetare la šarī'a, la legge islamica quale era possibile desumere soprattutto dal Corano. E ce ne furono altre (la malikita, la hanafita, la šāfi'ita) in gran parte scomparse; e la ismailita, che nell'antichità ebbe fortura soprattutto fra i berberi e in Egitto e che c'è tuttora, è una corrente dello sciismo. Alcune ebbero appoggi più o meno duraturi da parte di califfi e da altre autorità politiche. E poi, come abbiamo visto rapidamente nelle puntate precedenti, c'erano i kharigiti, che sarebbero stati spazzati via proprio nell'epoca abbaside, non senza scontri sanguinosi.

Nulla di nuovo sotto il sole. Anche nel cristianesimo, al suo nascere, nel secolo IV, e nei secoli successivi, le dispute sull'interpretazione del messaggio di Gesù furono accompagnate da scontri e guerre non di poco conto.
E anche tra gli ebrei c'erano stati conflitti, sepolti però dalla guerra giudaica di Tito e poi dalla quasi "soluzione finale" di Adriano (135), in tempi ormai remoti.
È rilevante il fatto che, nel fuoco di questi conflitti, nella tormentata epoca abbaside, ci sia stata una continua fioritura culturale e pure poetica, anche con il recupero di tante suggestioni e opere della cosiddetta cultura classica "occidentale", soprattutto greca.
I califfi erano spesso persone di grande cultura. Fu al-Mansūr (754-775) colui che all'inizio dell'epoca abbaside fortificò il califfato e fondò la città di Baghdad, che sarebbe diventata per molti secoli il centro culturale del mondo islamico. Dice Daniela Amaldi, nella sua bella Storia della letteratura araba classica: "Già al- Mansur, negli anni in cui Carlo Magno (768-814) aveva problemi nello scrivere, aveva incaricato di tradurre opere di Ippocrate e Galeno, così come alcuni testi di astronomia indiani e persiani." (pag. 79)

Baghdad, (ricordo che in epoca omayyade la capitale del califfato era Damasco) sarebbe rimasta a lungo faro della civiltà islamica, per la stragrande maggioranza dei musulmani, anche appartenenti a organismi politici ormai autonomi. Fino all'avvento dei mongoli nel XIII secolo: "quando i mongoli spazzan via l'ultimo resto della dinastia di ar-Rashìd, e riducon definitivamente Baghdàd a una squallida città di provincia, è tutto un periodo storico che si chiude, il più fecondo e glorioso per l'Islàm medievale" (Francesco Gabrieli, Letteratura araba, cit., pag. 122).

La produzione culturale dell'epoca abbaside era ormai urbana, la vita nelle città e soprattutto nelle corti aveva la netta preminenza su quella del deserto. La cultura, la scienza, la letteratura, la poesia, acquisirono caratteri universalistici, cantori, scienziati, filosofi, teologi provenivano ormai da diverse zone del dār al-Islām (casa dell'Islam, mondo musulmano).

In ambito poetico, alle composizioni di ampio respiro, organizzate in forme canoniche (soprattutto la cásida), si sostituirono forme più brevi e leggere, motivi più vari. Fiorì la lirica di corte, che canta amori, vino, piaceri, riflessioni sull'esistenza, moti segreti dell'animo. Fiorì la poesia dell'amore spirituale, oltre che quella dell'amor sensuale.

Talvolta, tuttavia, ritornano, rinterpretati in vari modi, motivi e forme di epoche precedenti, persino della lirica beduina e preislamica. Vedremo un bellissimo esempio di questo la prossima volta: parlerò del pazzo d'amore, che, partendo dall'ambiente tribale della jiahiliyyah, attraversa luoghi e tempi lontani, fino a giungere all'ultimo regno musulmano di Spagna: Granata.


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