"...subito comprai due cavalli, di cui uno d'Andalusia della razza dei certosini di Xerez, stupendo animale, castagno d'oro; l'altro un hacha cordovese, più piccolo, ma eccellente, e spiritosissimo."

(Vittorio Alfieri, La Vita scritta da esso - 1790, 1803)

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Naturalmente nessuna analogia fra me e Vittorio Alfieri. Riporto le sue parole perché mi sarebbe piaciuto vivere in Andalusia quando ci venne lui.

martedì 31 agosto 2010

COSE DI SPAGNA E D'ITALIA - ROM IN FRANCIA, IN ITALIA E IN SPAGNA


Com'è noto, la Francia ha espulso in questi giorni qualche centinaio di Rom ha espulso in questi giorni qualche centinaio di Rom arrivati negli ultimi anni, cittadini europei.
L'Unione Europea ha manifestato la sua preoccupazione, però, al solito, non ha troppo alzato la voce contro questo provvedimento. I socialisti europei, rappresentati da Martin Schultz, hanno criticato la debolezza della reazione di Bruxelles a questa decisione di Sarkozy che è stata dettata dal tentativo di risalire nel gradimento dei francesi attraverso prese di posizione razziste (l'Italia fa scuola!).
Il ministro dell'Interno italiano, Roberto Maroni, e il vicesindaco di Milano, Riccardo De Corato, plaudono a Sarkozy.
Valorose associazioni per la difesa dei diritti umani, come Meltingpot  e Diritti Globali denunciano questa decisione del Governo francese, oltre che le discriminazioni e le vere e proprie persecuzioni che queste persone subiscono in Italia. L'Avvenire ha criticato Sarkozy, il papa ha espresso il suo auspicio alla fratellanza universale; i vescovi hanno un po' protestato. Però nessun membro delle gerarchie cattoliche ha lanciato anatemi simili a quelli che a suo tempo abbiamo sentito contro il signor Englaro.

Qualche giorno fa un altro bambino rom – ormai non si contano più – è morto bruciato nella baracca dove viveva alla periferia di Roma. Aveva tre anni. Penso che anche mio nipote ha tre anni ed è la mia vita.

Anche in Spagna succedono disgrazie, soprattutto fra i rom non ancora integrati, che vivono in baracche e in veicoli. Avviene molto più raramente che in Italia, ma è pur sempre gravissimo. Alla fine degli anni novanta, due incidenti di cui furono vittime bambini scossero le coscienze di molti. E i gitani – quelli ancora di antico insediamento in Spagna - andarono ad accamparsi per protesta nei quartieri alti di Madrid (come se a Roma andassero a mettere tende e roulotte ai Parioli!), e ottennero una sistemazione, pur non ideale (ne ho parlato nel mio post Sinti e Rom in Spagna e in Italia). 
Non è accettabile, naturalmente, che sia la morte di bambini a scuotere persone e le forze politiche. Però nel nostro paese queste tragedie non commuovono e non fanno pensare. ED È INDECENTE CHE IL SINDACO DI ROMA ABBIA RISPOSTO ALLA DISGRAZIA CON LE RUSPE (ha scritto così in facebook un mio ex-studente e io sottoscrivo).
In Spagna, sono uscite analisi e proposte sulla stampa. Su El País è stato pubblicato, naturalmente tradotto,  un bell'articolo di George Soros, esperantista, miliardario, speculatore, filosofo, di origine ungherese-ebraica, sfuggito all'ultima retata che i nazisti fecero proprio in Ungheria, naturalizzato statunitense, filantropo e appassionato sostenitore della causa dei rom, oppositore radicale e attivissimo di George Bush. Soros parla nel suo articolo delle politiche di integrazione e dei principi che dovrebbero essere irrinunciabili per l'Unione europea. 









Afferma Soros: “Porre regole, reprimere la delinquenza è una preoccupazione legittima dei Governi. Però espellere cittadini dell'Unione Europea, criminalizzandoli per la loro appartenenza a un'etnia determinata, è una violazione delle sue proprie direttive sulla discriminazione razziale e il diritto alla libera circolazione delle persone all'interno degli Stati membri de la UE. Di fatto, costituisce un principio giuridico fermamente stabilito il fatto che si possa parlare di delitto solo quando si è provata la colpevolezza di una persona davanti a un tribunale. Inoltre, coloro che sono stati giudicati delinquenti non per questo possono essere deportati automaticamente, se sono cittadini di un altro Stato membro de la UE, giacché la legislazione europea esige che la deportazione di un individuo sia necessaria e proporzionale al delitto commesso. E precisa più avanti: “La principale differenza fra i gitani e le popolazioni maggioritarie non è culturale né di stile di vita - come con tanta frequenza si presenta nei mezzi di comunicazione -, poggia bensì nella povertà e nella disuguaglianza. La separazione è fisica, non solo mentale. La scolarizzazione segregata è un ostacolo all'integrazione, produce disastri, pregiudica il destino degli individui. L'abitazione segregata ha favorito l'apparizione di enormi agglomerati di baracche e stanziamenti malsani, privi delle condizioni basilari ed essenziali perché si possa vivere con dignità. La difficile situazione di tanti milioni di gitani nel secolo XXI costituisce una presa in giro dei valori europei ed è una macchia sulla coscienza dell'Europa.

In un articolo uscito nel 2008 sul quotidiano spagnolo Público, si trova un resoconto sulla situazione dei rumeni e dei rom di recente immigrazione in Spagna. Riporto di seguito le informazioni più interessanti.
- Dal 2003 a oggi il numero dei rumeni in Spagna si è moltiplicato per 5: nel 2008 erano 728.967, circa 600.000 più che nel 2003.
La maggioranza dei rumeni, uomini e donne, ha un'età compresa fra 20 e 44 anni. Sono contadini, specializzati o operai qualificati fuggiti dalla crisi economica e sociale che seguì la caduta di Ceausescu e della dittatura comunista, avvenuta nel 1989. La brusca liberalizzazione economica, com'è noto, creò una profonda frattura fra una minoranza che si arricchì con vari mezzi,leciti e illeciti, e una minoranza che cadde nella miseria.
La comunità rumena, di cui i gitani sono una parte, si è bene integrata in Spagna: la lingua neolatina, le tradizioni religiose cristiane-ortodosse, e altri elementi hanno facilitato la comprensione con la popolazione ospitante.
La componente gitana in questa comunità rumena di recente immigrazione, secondo Miguel Fonda, presidente della Federación de Asociaciones de Rumanos en España, conta circa 20.000 persone (altrove ho letto che sarebbero 50.000, l'8 % dei rumeni: difficile stabilire questo dato con precisione, perché in Spagna c'è il divieto di “classificare” le persone su base etnica). Una minoranza di questi resta tuttora marginale.
I rumeni condannati per reati o in attesa di giudizio sono circa 2000, una cifra bassa se rapportata a quelle di altre comunità di immigrati.
Molte donne rumene lavorano nel servizio domestico, ma ci sono anche molti rumeni, uomini e donne, che sono riusciti ad accedere a lavori qualificati e a professioni per cui si sono preparati studiando o lavorando nel loro paese: sono muratori, meccanici, elettricisti, ma anche medici, avvocati, piccoli impresari.
Questi lavoratori sono stati colpiti dalla crisi economica, Secondo dati del Ministero del Lavoro spagnolo, alla fine di ottobre 2009, 244.644 rumeni erano iscritti alla Seguridad Social ed erano 35.300 i disoccupati, dei quali quasi 24.000 erano beneficiari di aiuti contributivi o assistenziali. Nel 2003 invece quelli iscritti alla Seguridad Social erano 61.000 e i disoccupati solo 2.000.
Più di recente, lo stesso giornale, Público, che si occupa frequentemente di questa minoranza, riporta gli obiettivi e le linee d'intervento che si è data un'Europa PUR MAGGIORITARIAMENTE DI DESTRA per l'integrazione di questa minoranza.
Anche in Spagna ci sono politici che cercano di sfruttare la paura dello straniero, e in specifico dei rumeni gitani, per acquisire potere. Un esempio è quello di García Albiol, del Partido Popular di Badalona, le cui convinzioni sulla “natura delinquenziale” dei gitani trovano spazio nella Cope, canale radiofonico reazionario che ha fra i suoi azionisti la Conferenza Episcopale Spagnola (il solito cattolicesimo dai mille volti: in Italia qualche protesta delle gerarchie contro il razzismo del Governo, nella Cope tutt'altra posizione, la Caritas di Italia, Spagna e di altri paesi difende gli immigrati e i poveri della terra!). Altro esempio è quello di Vic, paese della Catatuña, dove il Consiglio comunale ha cercato di togliere tutti i diritti agli immigrati irregolari, ricevendo però una pronta risposta dal Governo spagnolo che l'ha costretto a retrocedere (vedi mio post in cui parlo di quest'episodio). 
Non è che la Spagna sia il paradiso della convivenza e dell'accoglienza: difficile esserlo, di fronte a un fenomeno di proporzioni planetarie come quello dell'immigrazione degli ultimi vent'anni. Però il clima è davvero diverso da quello che si respira nel mio paese d'origine. E in Spagna c'è lo spazio giornalistico per ragionare su dati, per offrire a un vasto pubblico informazioni su condizioni di vita, su processi di integrazione, su decisioni di pace e di progresso. In Italia i giornali registrano, sull'immigrazione e in particolare sui rumeni, quasi esclusivamente violenze, morti, disgrazie, tragedie, sadismi, crudeli indifferenze, espulsioni anche di persone che meriterebbero il ringraziamento della società ospitante per atti di valore che hanno compiuto, respingimenti contrari alle convenzioni internazionali, torture, disperazione... Pare, leggendo queste cronache, di entrare nel mondo degli orrori.
Queste differenze sono anche un indice della diversa condizione in cui si trova la democrazia nei due paesi: e con questo non voglio dire che i rischi di contagi di razzismo non ci siano, dovunque.
Ho finito da poco di seguire il videoforum con Bersani su Repubblica tv. Avrei tante cose da dire e pure da criticare. Solleverò però una questione, una sola, unita a una domanda: PERCHÉ BERSANI EVITA ACCURATAMENTE DI PARLARE DEL RAZZISMO E DELL'INOSSERVANZA DEI DIRITTI UMANI CHE AFFLIGGONO IL NOSTRO PAESE E COSTITUISCONO UNO DEI TRATTI DISTINTIVI E PREOCCUPANTI DELLA SUA INVOLUZIONE? Certo, i democratici talvolta in Parlamento si prodigano per i diritti degli immigrati, nel loro sito se ne parla. Ma in occasioni come queste, in cui suppongono di avere un uditorio ampio, non necessariamente di amici scelti, si farebbero uccidere piuttosto che sollevare questa questione. Perché?
E azzardo pure la risposta: non ne parlano perché in fondo credono che gli italiani siano quasi per natura un poco o tanto razzisti e soprattutto perché continuano a corteggiare la Lega. Bersani ha detto nel videoforum press'a poco così: “La Lega dovrebbe rendersi conto che l'attuale governo tradisce le ragioni per cui è nata.” Avvalorano quindi ancora una limpidezza di intenzioni di questo partito, che già dagli esordi manifestava, come tratto distintivo, una vocazione xenofoba e razzista. Caro Bersani, LA LEGA ASSOMIGLIA MOLTO PIÙ ALL'ESTREMA DESTRA DI LE PEN CHE AL NAZIONALISMO CATALANO, che è quasi sempre abbastanza inclusivo e aperto nei confronti dello straniero (anche se a me non piace nessun nazionalismo e neppure la mitologia delle piccole patrie, comunque motivata!)
MA NON SI RENDE CONTO, BERSANI, CHE CI SONO TANTI CITTADINI ITALIANI STANCHI DI ESSERE CONFUSI CON I RAZZISTI, STANCHI DI AVERE INCUBI QUANDO APRONO UN GIORNALE, STANCHI DI VEDERE CHE GLI EX-FASCISTI HANNO PIÙ CORAGGIO DEI DEMOCRATICI NEL DENUNCIARE DISCRIMINAZIONI FEROCI E NEL FARSI, ALMENO A PAROLE, DOPO CHE HANNO CONTRIBUITO A VARARE LE LEGGI PIÙ DISCRIMINATORIE, PALADINI DEI DIRITTI DEGLI IMMIGRATI?

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