Lo strano amore di me non credente - e spesso anticlericale più di quanto forse vorrebbe Vendola - per Alessando Manzoni mi fa ritornare in mente in questi giorni, continuamente e ossessivamente, il Coro del III atto dell'Adelchi. Mentre ascolto l'intervento di Fini i versi manzoniani mi percuotono il cervello.
Cedo alla loro forza e riporto la prima parte del Coro, e intanto il pensiero va anche al crollo della scuola dei gladiatori di Pompei.
Dagli atrj muscosi, dai fori cadenti
Dai boschi, dall’arse fucine stridenti,
Dai solchi bagnati di servo sudor,
Un volgo disperso repente si desta;
Intende l’orecchio, solleva la testa
Percosso da novo crescente romor.
Dai guardi dubbiosi, dai pavidi volti,
Qual raggio di sole da nuvoli folti,
Traluce dai padri la fiera virtù;
Nei guardi, nei volti confuso ed incerto
Si mesce e discorda lo spregio sofferto
Col misero orgoglio d’un tempo che fu
S’aduna voglioso, si sperde tremante;
Per torti sentieri, con passo vagante,
Fra tema e desire, s’avanza e ristà;
E adocchia e rimira scorata e confusa
Dei crudi signori la turba diffusa,
Che fugge dai brandi, che sosta non ha.
Ansanti li vede, quai trepide fere,
Irsuti per tema le fulve criniere,
Le note latebre del covo cercar:
E quivi, deposta l’usata minaccia,
Le donne superbe, con pallida faccia,
I figli pensosi pensose guatar
E sopra i fuggenti, con avido brando,
Quai cani disciolti, correndo, frugando,
Da ritta da manca, guerrieri venir:
Li vede, e rapito d’ignoto contento,
Con l’agile speme precorre l’evento,
E sogna la fine del duro servir.
E ora qualche domanda.
I guerrieri franchi che arrivano sono i finiani? O chi altro? E i longobardi in fuga chi sono? E la plebe che spera in una liberazione che colore politico ha?
Chi vuole leggere tutto il Coro, con le note di spiegazione, clicchi qui.
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